Un nemico nascosto del Kerigma cristiano

Un giorno di molti anni fa, un monaco eremita, solito al silenzio e alla meditazione, si prestò generosamente a rispondere ad alcune mie domande. Da giovane neoconvertito, mi lamentai con lui del fatto che, evidentemente, vi fosse una distanza enorme tra il cristianesimo delle origini e quello dei giorni nostri. Passeggiando tra gli ulivi, con il sole a scaldare quel pomeriggio di quiete, egli sospirò. “Vedi” disse, “noi dobbiamo considerare il Cristo come una pietra fondante, per quanto riguarda la nostra fede. Immagina una pietra nel deserto. Ora immagina duemila anni – duemila – di vento e sabbia. Questo è il nostro compito: di scavare quello spesso strato, e di arrivare a Cristo, a quella pietra fondante.” Comprensibilmente, queste parole mi colpirono molto. Cominciai, quindi, a percorrere un cammino personale di studi.

Sarà chiaro da subito, per chi si appresti a studiare i primi due secoli della storia della Chiesa, che la materia affrontata presenta notevoli complicazioni. Alcune informazioni sulla Chiesa degli inizi, infatti, arrivano a noi dal III e IV secolo d.C., avendo così valore indiretto. Sappiamo però una cosa: Cristo in quanto figura fu interpretato in moltissimi modi, con declinazioni sociali, filosofiche, misteriologiche spesse volte interconflittuali, altre volte addirittura opposte.

Per alcune comunità cristiane, Gesù era un ebreo legato alle tradizioni del suo popolo, venuto al mondo con lo scopo di ristabilire una sospirata giustizia sociale e insieme ad essa un’etica superiore a quella farisaica; è questo il caso degli ebioniti, dei quali possediamo addirittura alcuni frammenti superstiti di un Vangelo, del tutto o quasi congruente a quello secondo Matteo. Per altri gruppi di fedeli, Cristo non poteva essere un umano dotato di un corpo “regolare”. Il sedimentarsi di queste interpretazioni porterà nel IV secolo a un’eresia ben strutturata, che avrà nome “Docetismo” (letteralmente “dottrina dell’apparire”), la quale professava un Cristo dotato di un corpo astrale, ma non sicuramente di uno fisico.

Su tutte queste tendenze (alcune rettificate prima della fissazione del Canone delle Scritture del III secolo d.C., altre che andranno a formare vere e proprie eresie, come accennato prima) spicca lo Gnosticismo Alessandrino. Possiamo quindi considerare tale interpretazione del cristianesimo una vera e propria eresia? Questa sarebbe un’analisi affrettata. Vero è che in epoche successive lo gnosticismo influenzerà un numero consistente di figure importanti di eretici: Basilide, Carpocrate, Valentino, Bardesane, Marcione stesso furono tutti da esso affascinati. Quali sono, quindi, le sue caratteristiche fondamentali?

In primo luogo, la cristiana gerarchia di valori fondanti viene in qualche modo sovvertita. La Fede, infatti, secondo questa scuola di pensiero, è da considerarsi subordinata alla conoscenza, alla “gnosi”. Tale gnosi, tuttavia, non è paragonabile alla “buona novella” del NT; se la seconda è un messaggio di salvezza destinato a tutti gli uomini, la prima è appannaggio di pochissimi eletti.

Lo gnosticismo è infatti fortemente duale in tutti i frangenti, e divide gli uomini in due generi: quelli spirituali, degni della salvezza, e quelli terreni, connaturatamente condannati alla cecità eterna dell’ignoranza metafisica. Mentre il Platonismo, coerentemente al Pitagorismo (e quindi all’Orfismo), alla tradizione ermetica e anche alle lettere di Paolo di Tarso, descrive il Creato come un riflesso del Mondo Ideale, lo gnosticismo lo demonizza nella più categorica delle maniere. Il Demiurgo (assimilato dagli gnostici allo Javhè dell’Antico Testamento) è una figura negativa, che con moto malvagio imprigiona l’essenza (il “pleroma”, nel lessico gnostico) nella prigione della materia.

Il mondo ideale, tuttavia, formato da intelligenze superiori (detti “eoni”) ha pietà di questo sconcio ai danni della creazione: una di questi eoni, Sophia, crea il Cristo, con la missione di liberare il mondo sensibile, riequilibrando il creato dopo l’azione vincolante del Demiurgo-Javhè. Il messia gnostico avrà quindi un corpo fisico, dato che ha come compito proprio la redenzione dalla materia? Certamente no.

Occorre anche ragionare sugli approcci che lo gnosticismo aveva sulla sessualità e il suo fine: se la materia era il male, la procreazione era un peccato degno degli uomini non “pneumatici”, ovvero non spirituali.

Dunque, se la conoscenza era appannaggio di pochi, chi sottoscriveva la loro entrata effettiva nel mondo spirituale? Era il maestro a capo della comunità a farlo, in maniera iniziatica e tipica delle sette antiche e moderne. Alla domanda relativa a come fosse strutturata la sapienza gnostica, a dispetto dei molti testi pervenutici, non vi è alcuna risposta. Il vangelo di Tommaso è paradossalmente chiaro: esso reca un importante omissis [1] (Gesù prende in disparte Tommaso stesso, promettendogli l’iniziazione, e lasciando il lettore al di fuori) che conferma la sua natura segreta; persino in un testo proveniente dalla più importante biblioteca gnostica, quella di Nag Hammadi, essa non viene dischiusa.

Il dato saliente di questa interpretazione del cristianesimo è che tali idee non vengono mai del tutto accantonate nella prima fase del percorso storico di quella che inizialmente si chiamerà “Nuova Via”. Esse, invece, subendo le dovute modifiche, viaggiano da Alessandria al Medio Oriente, arrivando poi con una consueta inversione al continente europeo.

Troveremo poi alcune commistioni che non saranno più sintesi eterodosse tra il Giudaismo/Cristianesimo e il Platonismo. Alcune sette gnostiche saranno influenzate da alcuni aspetti dell’Induismo tantrico, fondendo con essi il loro deposito pseudo iniziatico. il rapporto tra anima e corporeità, e l’unione sessuale in particolare, acquisirà caratteri tardopagani e magici: la castità non sarà più contemplata e il valore esoterico dell’atto erotico diventerà il centro del culto, sotto l’influsso di divinità femminili della fecondità come Astarte e Barbalon, per altro molto simili tra loro.

Come detto, queste idee non moriranno nei primi secoli dell’avventura ecclesiastica. Continueranno a sussistere in varie forme, una delle quali il già menzionato Docetismo; le ritroveremo con accenti differenti nell’Arianesimo e più tardi, in epoca medievale, nell’eresia catara. E non si fermeranno qui: l’idea di un cristo “cosmico”, in seno ad alcuni gruppi New Age moderni, è stranamente molto più vicina all’eterodossia gnostica che a un Cristianesimo Esoterico propriamente detto e quindi ortodosso.

Così come l’800, il secolo del revival della magia, dove avrebbero pullulato orientalisti più o meno preparati, maghi, esoteristi deviati e propriamente detti, portò con sé una certa continuità ideologica con il primo impulso della dottrina gnostica. A conferma di questa tesi, diremo che personaggi del calibro di Eliphas Levi, Fabre D’Olivet, e a un livello più deteriore e negativo Aleister Crowley, furono tutti influenzati dallo gnosticismo, in particolar modo dalla fantomatica “messa gnostica”. [2]

Abbiamo quindi visto che quella prima interpretazione risalente al II secolo diventerà nel tempo una sorta di virus latente, capace di palesarsi attraverso eresie e letture contro-iniziatiche. Essa fu addirittura considerata lecita da alcuni studiosi [3], dato che agli inizi molte declinazioni del cristianesimo avevano licenza di convivere parallelamente (questo anche data una crescente presenza su diverse aree geografiche e le relative e inevitabili differenze culturali). In questo senso, sarà utile la lettura dei vangeli apocrifi, specialmente dei testi di Nag Hammadi. Interessante notare quanto fortunata sia stata l’opera di Dan Brown, basata in larga parte su queste gnostiche tendenze.

Un dato resta tuttavia essenziale: i Vangeli sinottici e quello di Giovanni presentano una consistenza letteraria e contenutistica assente in tutti i testi apocrifi. I testi gnostici, seppur superiori alla media dei testi rimasti fuori dal canone, non fanno eccezione; parliamo di una differenza sostanziale in termini di spirito e forma. Consideriamo quindi i testi inclusi nel Canone come la nostra stella polare nel navigare l’immenso mare della Tradizione; essi conterranno insegnamenti eterni, altrimenti imperscrutabili.

Elias G. Fiore per Policlic.it


[1] “Dice Gesù ai suoi discepoli: “Fate un paragone e ditemi a chi sono simile”. Gli disse Simon Pietro: “Tu sei simile a un angelo giusto”. Gli disse Matteo: “Tu sei simile a un saggio filosofo”.  Gli disse Tommaso: “Maestro, la mia bocca è del tutto incapace di dire a chi tu sei simile”. Dice Gesù: “Io non sono il tuo maestro, poiché hai bevuto e ti sei inebriato alla sorgente effervescente che io ho misurato”.  E lo prese, indietreggiò, e gli disse tre parole. Quando Tommaso tornò dai suoi compagni, questi gli chiesero: “Che cosa ti ha detto Gesù?” Tommaso disse loro: “Se vi dico una sola delle parole che egli mi ha detto, prenderete delle pietre e le lancerete contro di me, quindi un fuoco uscirà dalle pietre e vi brucerà” (NHC II,34,30-35,14) {Vangelo di Tommaso, Einaudi 1998.}

[2] Cfr. “Viaggio nella magia”; Cecilia Gatto Trocchi, Laterza 1993.

[3] In campo cattolico Jean Danielou; in campo protestante E. E. Cairns; in quello teosofico-esoterico Edouard Schurè.