Le molteplici vesti degli attori – L’apertura dell’IRISH FILM FESTA 12
Dalla serata di ieri l’IRISH FILM FESTA firmato Archimedia aggiunge un nuovo capitolo, il dodicesimo, alla sua lunga storia d’amore italo-irlandese con la cinepresa. Una storia che, dallo scorso anno, ha visto prendere parte anche la nostra Redazione, coinvolta nel racconto di un evento che dal 2007 apre le porte dell’Irlanda ai nostri cittadini tramite l’arte del cinema e la cultura.
Per la dodicesima edizione dell’evento (in rassegna dal 27 al 31 Marzo nella Casa Del Cinema a Villa Borghese, Largo Marcello Mastroianni 1) la Direttrice Artistica Susanna Pellis ha introdotto un’importante novità nel programma con l’entrata in scena, nell’ambito del concorso per i migliori cortometraggi d’Irlanda, delle nuove categorie Drama e Documentary. La scelta di dare ampio spazio ai cortometraggi documentaristici in questa edizione suscita indubbiamente un sincero interesse per le proposte che verranno presentate per poter constatare “l’evoluzione artistica che in Irlanda sta vivendo il documentario”, come riportato dalla Pellis. Un’evoluzione artistica che sarà a sua volta oggetto di un importante panel nel corso della rassegna cinematografica (Venerdì 29 Marzo): con “ISLE OF DOCS”, infatti, esattamente come avvenuto lo scorso anno con “MAKING SHORTS, incontro sui cortometraggi”, la Casa del Cinema diventerà teatro di un dibattito moderato da registi e produttori irlandesi e nordirlandesi con il pubblico italiano.
Una seconda novità riguarda la centralità della figura poliedrica degli attori. Poliedrica in quanto non circoscritta alla sola parte recitativa davanti alle telecamere, ma anche riferita al loro immedesimarsi in opere create dietro la cinepresa e in contesti artistici differenti. La dodicesima edizione del festival vedrà l’organizzazione, sempre il 29 Marzo, di una master class di recitazione condotta dall’ospite d’onore di quest’anno: il nordirlandese, ma di dirette origini molisane, John Lynch. Celebre per le sue interpretazioni in capolavori del cinema come Nel nome del padre e Una scelta d’amore, nonché nel recente Kissing Candice presentato nella scorsa edizione dell’IRISH FILM FESTA, John Lynch terrà la master class presso il Collegio di Sant’Isidoro degli Irlandesi in Via degli Artisti 41 (i posti per questo evento sono stati letteralmente presi d’assalto).
Tra le numerose proposte di questa edizione risaltano le anteprime nazionali di due grandi pellicole di successo in Irlanda: Black ’47 di Lance Daly e il thriller The Dig di Andy e Ryan Tohill (quest’ultimo sarà presente durante la rassegna per un saluto al pubblico italiano). Una menzione d’onore per l’attesissimo Black ’47, opera drammatica ambientata nel periodo della Grande Carestia irlandese e che in Irlanda è stata applaudita dalla critica, supportata dal pubblico ai botteghini e considerata la risposta irlandese a Braveheart.
Ci sarà inoltre nuovamente spazio per la letteratura nell’appuntamento della rubrica IFFbooks, con la partecipazione dello scrittore (nonché attore) dublinese Karl Geary, che presenterà al pubblico italiano il suo romanzo d’esordio Montpelier Parade (2017).
Le pellicole della serata – The Drummer & The Keeper e The Swimmer
Il mondo dello sport torna all’IRISH FILM FESTA, come avvenuto l’anno scorso, per arricchire il primo atto della dodicesima edizione con lavori volti a stupire lo spettatore tanto da un punto di vista meramente emotivo quanto in una prospettiva di riflessione più profonda.
Se nell’edizione dello scorso anno un elemento protagonista della prima pellicola del festival era stato il pallone ovale da rugby in Handsome Devil, in questo caso è il calcio ad essere parte integrante della storia raccontata dal lungometraggio The Drummer & The Keeper (2017) del regista Nick Kelly.
Sarebbe bello partire in questo caso dalla “fine”, ovvero da quando, uscito dalla Sala Kodak della Casa del Cinema, ho avuto modo di esprimere il mio sincero apprezzamento alla Pellis per la scelta di una pellicola del genere come atto introduttivo della rassegna. La risposta: “Sarebbe stato bello avere questa pellicola già l’anno scorso”. Lo scorso anno il film ha fatto incetta di premi e riconoscimenti in giro per il mondo (vincitore anche all’Umbria Film Festival), oltre a trionfare al Galway Film Fleadh.
Partire dalle sensazioni post-pellicola riporta alla ragione principale che accomuna, per motivi diversi, The Drummer & The Keeper a Handsome Devil: nei due film d’esordio di queste ultime due edizioni dell’IRISH FILM FESTA, entrambi apprezzatissimi, lo sport diventa veicolo e mezzo narrativo per raccontare temi scottanti e di importante rilevanza sociale. Nel 2018 è stata la contrapposizione testosteronica del rugby rapportato all’omosessualità, quest’anno è il calcio come possibile strumento terapeutico per i protagonisti della commedia amara.
Gabriel è un batterista bello e dannato interpretato da Dermot Murphy (di recente balzato agli onori delle cronache per la sua partecipazione nel pluripremiato Bohemian Rhapsody). Un novello Phil Lynott alla batteria che guida un carro funebre come Bud Cort in Harold and Maude (un omaggio al capolavoro di Hal Ashby?) e che per il primo quarto d’ora della pellicola approccia la vita proprio come Harold Chasen.
In Harold and Maude, Harold è un adolescente annoiato dalla vita che simula la propria morte per terrorizzare la madre assente (più volte e con diversi metodi, tra cui quello di cospargersi di benzina per darsi fuoco). In The Drummer & The Keeper, Gabriel è affetto da disturbo bipolare con manie psicotiche e usa l’eredità della madre suicida per assaporare appieno il concetto di “sesso, droga e rock n’roll” e per dare fuoco alle cose (incluso il proprio carro funebre). Recuperato per l’ennesima volta da una situazione fuori controllo dalla sorella e dalla sua band, si ritrova obbligato dalla propria psicologa a seguire una specifica terapia, di cui il calcio è parte integrante. Si ritrova infatti ad allenarsi con una squadra di calcio composta da persone con disturbi comportamentali, tra le quali milita Christopher (Jacob McCarthy), un diciassettenne agiato affetto dalla sindrome di Asperger.
Tra Gabriel e Christopher nasce la più incredibile e improbabile delle amicizie (con alcuni scambi di battute semplicemente esilaranti), nonostante tutte le difficoltà relazionali che l’autismo comporta. Un’amicizia che va oltre lo status di reietti e “scarti” che la società “sana” ha loro affibbiato (Christopher è visto come un peso dalla famiglia oramai divenuta insofferente alla sua situazione). È un film che lascia un’eco nell’animo e tanti pensieri in testa. L’argomento tocca molto da vicino il regista, in quanto il figlio soffre della sindrome di Asperger.
L’interpretazione degli attori protagonisti risulta molto coinvolgente e incisiva e il ruolo di Christopher provoca empatia, ilarità e affetto allo stesso tempo. La narrazione degli eventi è sorretta splendidamente dalla colonna sonora curata da John Gerard Walsh (musicista, autore e copyrighter, a lui vanno i meriti delle canzoni del gruppo fittizio di Gabriel), che alterna momenti energici (gli assoli di batteria hanno un significato all’interno della storia) al pop-rock fino a fasi più sperimentali ed elettroniche in un percorso turbolento ma dannatamente efficace.
“Everybody is good at some things and not good at other things. People always say that. But what if the things you’re good at aren’t the right things for you to have a proper life?
Well, it doesn’t ruin your life if you’re not good at Lego or football, but if you’re not good at understanding people when they’re not telling the truth, then you’re not allowed to have a job or a house or a wife, which isn’t fair.
Because you’re not the one not telling the truth but you’re the one being punished.”
(dal film “The Drummer & The Keeper” di Nick Kelly, 2017)
Breve menzione a parte, infine, per il cortometraggio documentaristico proiettato prima della pellicola di Nick Kelly. The Swimmer, il cortometraggio del regista Thomas Beug del 2017, descrive in circa dieci minuti la vita simbiotica con l’acqua del nuotatore Stephen Redmond, unico uomo a vincere la Oceans Seven Challenge, una sfida internazionale volta ad attraversare in solitaria sette stretti marittimi a nuoto. Il nuoto e l’acqua, in questo caso, sostengono e aiutano l’atleta (padre di famiglia con un matrimonio trentennale alle spalle) anche nei momenti di solitudine – alquanto comprensibili, vista la sfida continua alla quale si sottopone Redmond. Questa sfida porta con sé la memoria di diversi amici che l’uomo ha perduto, persone che, a detta dello stesso Redmond, rivivono mentre egli nuota nelle gelide acque d’Irlanda e in altri mari del mondo, e che gli donano conforto nei momenti di massima adrenalina.
Guglielmo Vinci per www.policlic.it