16 marzo 1978: il punto di Giovanni Bianconi

16 marzo 1978: il punto di Giovanni Bianconi

Lo scorso 29 marzo una delegazione di Policlic ha avuto la possibilità di partecipare alla presentazione del libro 16 marzo 1978 di Giovanni Bianconi, presso la Sala Igea dell’Istituto della Enciclopedia Italiana a Roma. Il libro, edito da Laterza, narra i fatti che si sono susseguiti nelle 24 ore che hanno cambiato la storia della politica italiana. La strage di via Fani e il sequestro di Aldo Moro, proprio nel giorno in cui in Parlamento si doveva votare la fiducia al quarto governo Andreotti, quello che avrebbe previsto l’ingresso del PCI nella maggioranza.

Al dibattito, promosso dalla Treccani e moderato dal giornalista Massimo Franco, hanno preso parte alcune personalità politiche che per motivi diversi hanno avuto la possibilità di essere testimoni, più o meno diretti, delle vicende di quella giornata: due ex presidenti del Consiglio, Giuliano Amato e Massimo D’Alema, e il senatore Pier Ferdinando Casini. Amato all’epoca dei fatti militava nel PSI, D’Alema era segretario nazionale della Federazione giovanile comunista e Casini era membro del direttivo nazionale giovanile della Democrazia Cristiana.

Giovanni Bianconi, scrittore e giornalista, è nato a Roma il 23 giugno 1960. Autore di vari libri sul periodo degli “anni di piombo” in generale e su Aldo Moro in particolare, è stato intercettato dagli inviati di Policlic per una breve intervista a margine dell’incontro.


Partiamo dal titolo del libro, 16 marzo 1978, in particolare da quella data. Come ha condizionato la storia politica italiana degli ultimi 40 anni?

Probabilmente la storia d’Italia sarebbe andata in un’altra direzione se la mattina del 16 marzo Moro non fosse stato rapito e se il progetto politico che stava realizzando e che aveva in mente fosse andato avanti. Era un progetto pieno di incognite, ma comunque aveva un percorso davanti. L’uscita di scena di Moro, che inizia quella mattina anche se lui muore il 9 maggio, ha condizionato la storia italiana. Il libro ha come titolo quella data perché fa parte della collana di storia di editori Laterza: dieci volumi su dieci date che hanno cambiato la storia d’Italia.

Quali conseguenze ha avuto quell’evento sulla sinistra e sulla socialdemocrazia in generale?

La sinistra italiana ha subito un colpo pesante quel giorno. Sia il PCI, sia il PSI, sia i gruppi extraparlamentari, sia i movimenti rivoluzionari della lotta armata. Sono tutte componenti della sinistra italiana che quel giorno hanno perso chi un interlocutore, chi un avversario, chi un riferimento e quindi ciascuna per la sua parte ha subito un colpo. Le stesse Brigate Rosse che lo hanno inferto hanno avuto poi una storia con un esito particolare.

C’è chi dice che con quella vicenda abbia inizio la sconfitta delle BR; in realtà non è così, perché hanno continuato a uccidere anche in maniera più massiccia. A parte questo, la sinistra rivoluzionaria italiana ha avuto un contraccolpo. Il PCI certamente: è stato tolto di mezzo un interlocutore che lavorava per una legittimazione del PCI all’interno della democrazia italiana, la cosiddetta “terza fase”, che prevedeva il PCI nella maggioranza. Una legittimazione reciproca che dopo quella stagione, che si è conclusa pochi mesi dopo, ha avuto una battuta d’arresto.

Quindi avrebbe rappresentato una legittimazione dell’avversario dal punto di vista democratico…

Si dice che stessero realizzando il compromesso storico, ma in realtà non è così. Il compromesso storico era un’idea di Enrico Berlinguer che vedeva Moro nettamente contrario. Né intendeva realizzare il compromesso storico con questa maggioranza politica. Lui aveva in mente una legittimazione reciproca che doveva forse contribuire a fare eleggere lui stesso al Quirinale, con i voti dei comunisti, nel dicembre del 1978. Tutto questo non è avvenuto.

Si è parlato più volte, con fonti e spesso anche senza, di una eterodirezione delle Brigate Rosse. Cosa ci può dire su questo? Lei lavorando sugli archivi ha trovato qualcosa in merito?

Non so se ci fosse un’eterodirezione. Ci poteva essere dal punto di vista di un condizionamento esterno, una volta che le BR hanno intrapreso quella strada. Ci poteva essere chi ha indirizzato il percorso verso l’esito finale che si è realizzato qui dietro [in via Caetani, nda] il 9 maggio. Io non penso a un’eterodirezione con una struttura esterna infiltrata nelle BR; penso più a una direzione dall’esterno o all’insaputa, o a un “condizionamento dovuto” da parte delle BR. Nel momento in cui si è alzato il muro della non-trattativa (che corrispondeva a un muro brigatista altrettanto inaccessibile), quello è stato condizionante.

Lei ha studiato movimenti rivoluzionari sia di destra che di sinistra di quel periodo. Ci può dare un bilancio storico sulla lotta armata?

La lotta armata italiana è stata un fenomeno unico nell’Europa occidentale e ha certamente condizionato, con il sequestro Moro ma non solo, la storia d’Italia. Si vede anche oggi: basta un episodio tutto sommato banale come quello di Cesare Battisti, ovvero la cattura, dopo tanti anni, di un latitante e di una persona che decide di cambiare atteggiamento processuale, e si scatena un putiferio. Sia per la cattura che per i nuovi interrogatori. Questo dimostra che ha avuto un peso molto rilevante nella storia italiana, è stata una cosa che ha condizionato probabilmente anche la sinistra extraparlamentare italiana, quella del PCI. Poi tutta la sinistra è stata condizionata da altri eventi, anche internazionali, ma la storia del terrorismo italiano ha certamente condizionato la vita del paese, l’ha portata verso una situazione che poteva essere diversa e per questo vale la pena di studiarla ancora e di scriverne.

Federico Paolini per Policlic.it

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