Policlic ha avuto l’opportunità e l’onore di partecipare il 4 maggio alla prima della
proiezione della docu-fiction “Aldo Moro – Il professore”, prodotta dalla RAI in
occasione dei 40 anni del sequestro e omicidio dello statista italiano. La ragione
dietro la scelta di pubblicare oggi il resoconto e le considerazioni di quella giornata
risiede nell’importanza di tale data. Una data alla cui commemorazione anche noi di
Policlic.it abbiamo voluto dare un piccolo contributo anche come culmine
dell’esperienza cominciata con la presentazione del film. Insieme alle foto e ai video
già condivisi sui nostri social, una testimonianza scritta è quanto meno doverosa.
Nell’Aula Magna della Sapienza, alla presenza di un cospicuo numero di docenti e
studenti, sono intervenute diverse personalità. Ha aperto l’evento il Rettore
dell’Università Eugenio Gaudio, con un video messaggio nel quale ha voluto
ricordare a tutti le qualità di Aldo Moro. Subito dopo di lui la Preside della Facoltà di
Scienze Politiche Raffaella Messinetti, la quale ha ricordato come l’insegnamento di
Aldo Moro vada al di là della trasmissione di nozioni giuridiche, ma sia legato
indissolubilmente alla centralità della vita umana, al di sopra di ogni cosa e quindi
considerando il diritto come una struttura che ha come scopo principale quello di
tutelare l’uomo e valorizzarne le sue peculiarità. A seguire il direttore generale della
Rai Mario Orfeo ha ribadito con forza l’importanza di queste produzioni televisive,
per la memoria far emergere dal buio del passato, ricostruendo e, raccontando
aspetti poco conosciuti dei protagonisti in questione. A chiudere la presentazione
prima della proiezione il protagonista del film, Sergio Castellitto. L’attore – fra i più
bravi e importanti della scena italiana e internazionale – si è soffermato su diversi
aspetti e considerazioni personali, volendo ricordare con i presenti dov’era lui quel
fatidico giorno in cui ci fu l’agguato considerato “come il nostro 11 Settembre”, cioè
come un giorno in cui tutti ricordano esattamente dove si trovavano e cosa stavano
facendo nel momento in cui è stata comunicata la notizia del rapimento.
Interessante la considerazione dell’attore, secondo il quale quel giorno ha sancito
“la fine della giovinezza”, perché ci siamo trovati di fronte a “giovani che
uccidevano altri giovani”.
Anche se potrebbe apparire scontato, chi era Aldo Moro, che cosa ha rappresentato per
il nostro paese? Affermando come sia ormai diffusa la convinzione che la figura dello
statista sia legata quasi esclusivamente alla vicenda del suo sequestro e all’epilogo
drammatico che questo ha avuto, ci si trova di fronte ad una parziale ma crescente e
triste verità. Complici di questo progressivo deterioramento della memoria collettiva
sono le condizioni attuali in cui versa la politica, colpita da una comprensibile disaffezione che si riflette inevitabilmente sul suo passato, condizionando anche la conoscenza della storia, che poi è la nostra, del passato comune di un’intera comunità nazionale.
Per tale ragione produzioni televisive come questa non possono fare che piacere,
oltre che rivelarsi utilissime proprio per rinvigorire quel passato utile per la
comprensione del presente. Sergio Castellitto, infatti, è riuscito a far emergere
quella parte di Aldo Moro che era sconosciuta ai più perché limitata alle mura della
Sapienza ed agli studenti che hanno avuto la fortuna e il privilegio di averlo come
professore. Un aspetto che potremmo definire ibrido, perché al limite del servizio
pubblico di insegnamento e del rapporto che spesso assume toni inusualmente
cordiali, per la statura del personaggio e l’immaginario che si è costituito intorno,
con gli studenti. Con questi ultimi infatti non mancano atteggiamenti che
potrebbero apparire paternalistici, ma che in realtà sono portatori di un sincero ed
appassionato interesse per il loro futuro. Non poche volte ha ribadito infatti
l’importanza dei giovani nella società, così come rifiuta categoricamente la
raccomandazione del responsabile della sua scorta a non recarsi più a lezione per
ragioni di sicurezza, nei giorni immediatamente prima al rapimento.
Sicuramente tutto questo non è emerso al grande pubblico, scioccato più che altro
dal tragico evento, o magari anche annoiato dai discorsi considerati troppo lunghi
che l’onorevole non mancava di tenere e che tuttavia non erano altro che la
narrazione di tutte le riflessioni che l’avevano animato prima di giungere ad una
conclusione. Nessuna fase del pensiero veniva omessa. Così, accanto alle giuste
celebrazioni e commemorazioni, bisogna considerare gli interrogativi di oggi, le
questioni irrisolte, l’incapacità di comunicazione che esiste tra le compagini politiche
in cerca di un governo. La forza del dialogo su temi legati al bene comune, al
benessere della collettività, seguendo l’esempio di Moro, maestro di dialogo e
mitezza ma allo stesso tempo uomo con solidi e irremovibile principi, potrebbero e
dovrebbero essere dei fari per il giusto corso degli eventi.
Tutto ciò che di utile e bello ha lasciato alla collettività, Moro lo trasmetteva ai suoi
studenti: la passione per lo studio e per la vita, l’interessa per la collettività, la
necessità di ascoltare tutti, anche chi protesta a voce troppo alta, perché proprio lì
ci sono alcune delle radici dei problemi che andavano, e vanno tutt’ora, risolti.
Luca Di San Carlo per Policlic.it