Questo articolo è estratto dalla Rivista n.0 di Policlic pubblicata il 27 aprile. Scarica qui sotto la versione integrale.
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Il presente contributo ha come scopo quello di presentare brevemente, dal punto di vista del diritto europeo, lo spazio di manovra costituzionale attribuito all’Unione Europea nell’ambito del diritto sanitario. L’analisi si limita a quei riferimenti al diritto alla salute e alla sanità nei due trattati principali della costruzione europea, il Trattato sull’Unione Europea (TUE) e il Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE).
In questo contesto, il dibattito corrente sulla risposta alla COVID-19 dell’Unione Europea è concentrato principalmente sugli strumenti finanziari ed economici che quest’organizzazione sovranazionale dovrebbe mettere a disposizione.
Tuttavia, appare alquanto chiaro che l’attuale costruzione europea richieda una riforma strutturale che ne accresca il raggio d’azione e l’efficienza. Per questo motivo, già nell’Agenda della nuova Commissione europea a guida von der Leyen e sotto presidenza tedesca del Consiglio (foto al centro), era prevista l’inaugurazione della “Conferenza per il futuro dell’Europa”.
Tuttavia, il dibattito pubblico manca di una riflessione sull’esistenza di norme e organismi europei che provino a coordinare l’azione sanitaria degli Stati membri e attribuiscano diritti sanitari individuali. Tutto, in mancanza ancora di una volontà degli Stati membri di attribuire la competenza della sanità all’Unione.
L’articolo cercherà di colmare questa lacuna nel dibattito. L’obiettivo è quello di rendere consapevole il lettore dei limiti costituzionali dell’Unione Europea, dovuti alla non disponibilità degli Stati membri a concedere la competenza della sanità a un organismo sovranazionale. D’altro canto, si cercherà di mostrare come le istituzioni europee abbiano agito anche in questo spazio limitato offerto dai trattati. In questo modo, si cercherà anche, in modo limitato, di rendere il dibattito meno politico ma più “oggettivo”, ossia entrando nel merito di obblighi preesistenti e non rispettati.
È dunque necessario partire da un presupposto fondamentale: il diritto sanitario europeo è una competenza trasversale, vale a dire che attraversa diverse aree del diritto europeo, dove si manifesta in forme diverse e complesse. Per questo motivo, prima di garantire all’Unione una competenza formale nell’adozione di misure sanitarie trasversali, questa poteva contare sulle cosiddette competenze implicite: l’Unione pertanto poteva adottare direttive in ambito sanitario basandosi sull’art. 2 CEE, in particolare facendo leva su tutte quelle azioni che puntavano al “miglioramento degli standard di vita”. Infine, una competenza esplicita nell’adottare misure pubbliche sanitarie è stata attribuita al legislatore europeo dal Trattato di Maastricht.
Tuttavia, la maggior parte del quadro del diritto sanitario europeo si basa su misure interne, in particolar modo quelle che hanno creato e che sostengono il mercato interno. Solo nel momento in cui il legislatore europeo emana delle norme in ambiti che direttamente o indirettamente coinvolgono la sanità, allora sarà obbligato a tenere presente determinati requisiti.
Ne è esempio “la protezione della salute umana”, ex art. 9 e 168, par. 1, del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFEU). Il diritto sanitario europeo si è sviluppato nel tempo attraverso l’effetto diretto di norme dei trattati di Lisbona (TEU e TFEU, 2009), specialmente quelle sulla libera circolazione dei fattori di produzione, e sulla libera e leale competizione, e nella legislazione che sostiene queste norme.
Inoltre, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGEU) ha evidenziato che la normativa europea sulla libera circolazione di beni, servizi, lavoratori e libertà di stabilimento e prestazione di servizi si applica al settore sanitario.
Il primo riferimento alla salute in ambito europeo si ha nella Convenzione europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali o CEDU, firmata a Roma il 4 novembre 1950. In questa carta, si fa riferimento alla “protezione della salute” quale limite alle libertà personale, di espressione, di riunione, di associazione e di circolazione.
A questo si affianca la Carta Sociale Europea che, sin dal 1961, contempla una disposizione dedicata espressamente al “Diritto alla protezione della salute”, ex art. 11. Questo articolo è stato oggetto di particolare attenzione in quanto definisce gli obblighi degli Stati, che si sono impegnati a rispettare il diritto alla salute[1].
Gli Stati di conseguenza si sono impegnati ad “assicurare l’esercizio effettivo” di questo diritto mediante l’adozione di misure adeguate. Questo si traduce in misure positive (legislative, amministrative, formative e tecnico-sanitarie) idonee al raggiungimento dello scopo di salvaguardia del diritto alla salute.
È stato evidenziato che questo articolo è stato interpretato in modo estensivo, ovvero nell’obbligo per gli stati di adottare misure volte a rimuovere le cause di una salute deficitaria, affinché ogni persona possa godere del miglior stato di salute possibile. Ciò implica, inoltre, che gli Stati sono impegnati a garantire che i rispettivi sistemi sanitari siano in grado di rispondere in modo adeguato (tenuto conto delle conoscenze esistenti) ai “rischi sanitari evitabili”, ossia a quei rischi “che possono essere controllati dall’azione umana”. “Tale diritto, come parte di quello alla protezione della salute, è stato affermato e valorizzato soprattutto con riferimento al paragrafo 3 dell’art. 11, che obbliga gli Stati all’adozione delle misure necessarie per prevenire malattie epidemiche, endemiche o di altro genere”. Ex art. 6 TUE, le disposizioni della Carta hanno lo stesso valore dei Trattati.
Riguardo al quadro più prettamente europeo, come si è già accennato nell’introduzione, il concetto di salute è trasversale. Per questo motivo, di salute si parla all’art. 6 del TFUE, il quale prevede che l’Unione abbia la competenza per svolgere azioni intese a sostenere, coordinare o completare l’azione degli Stati membri. Tra i settori di tali azioni vi è la “tutela e miglioramento della salute umana”. A questo si collega il suddetto art. 9, il quale obbliga l’Unione, nella definizione e nell’attuazione delle sue politiche e azioni, a tener conto “delle esigenze connesse alla promozione di un elevato livello di occupazione, la garanzia di un’adeguata protezione sociale, la lotta contro l’esclusione sociale e un elevato livello di istruzione, formazione e tutela della salute umana”.
Più in dettaglio, il Titolo XIV del TFUE si riferisce alla Sanità Pubblica. Un articolo di particolare rilevanza è sicuramente l’art. 168. Esso riprende la garanzia di un livello elevato di protezione della salute umana per tutte le azioni dell’UE. Quindi, l’Unione post-Lisbona ha una competenza concorrente in materia di salute pubblica. Per questo motivo, l’articolo in questione precisa che l’azione dell’Unione:
completa le politiche nazionali, si indirizza al miglioramento della sanità pubblica, alla prevenzione delle malattie e affezioni e all’eliminazione delle fonti di pericolo per la salute fisica e mentale. Tale azione comprende la lotta contro i grandi flagelli, favorendo la ricerca sulle loro cause, la loro propagazione e la loro prevenzione, nonché l’informazione e l’educazione in materia sanitaria, nonché la sorveglianza, l’allarme e la lotta contro gravi minacce per la salute a carattere transfrontaliero.
Di conseguenza, l’Unione non definisce le politiche sanitarie, bensì ha una azione perlopiù di coordinamento.
Ancora più interessante è il paragrafo successivo dell’articolo in considerazione, secondo il quale l’Unione incoraggia la cooperazione tra gli Stati membri nei settori di cui al presente articolo e, ove necessario, appoggia la loro azione. Bisogna considerare che, normalmente, ex art. 15 del TFEU, i Consigli Europei si tengono due volte a semestre a Bruxelles. Dalla dichiarazione di pandemia mondiale da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, il Consiglio europeo si è riunito (in videoconferenza) ben quattro volte[2] in due mesi.
Con riferimento all’Eurogruppo, ossia il centro di coordinamento europeo che riunisce i Ministri delle finanze dei 19 Stati membri che adottano l’euro (la cosiddetta eurozona), si è riunito anch’esso cinque volte in trenta giorni. Solitamente la scadenza è quella di una volta per mese. Inoltre, secondo l’articolo in considerazione, “l’Unione e gli Stati membri favoriscono la cooperazione con i paesi terzi e con le organizzazioni internazionali competenti in materia di sanità pubblica”.
In questo senso, nell’ultimo mese non si sono visti molti punti di contatto e coordinamento, tuttavia quello che non appare nei media è la celerità degli studi e di tentativi di coordinamento a livello EU/OMS nel definire parametri comuni in una serie di pubblicazioni costituenti un corpus che la maggior parte dei governi europei sembrerebbe ignorare. Inoltre, il Consiglio ha attivato i dispositivi integrati dell’UE per la risposta politica alle crisi (IPCR), ha organizzato tavole rotonde settimanali che hanno riunito le istituzioni dell’UE, gli esperti delle agenzie dell’UE e i rappresentanti degli Stati membri colpiti.
Secondo quanto indicato dallo stesso articolo, l’Unione ha avuto la possibilità di coordinare la propria azione per tutelare il diritto alla salute dei propri cittadini con Paesi terzi aiutando i cittadini UE bloccati. Infatti, nell’ultimo mese, le delegazioni dell’UE hanno lavorato insieme alle ambasciate degli Stati membri per coordinare il rimpatrio dei cittadini dell’Unione.
Le riunioni del Consiglio europeo, dell’Eurogruppo e le linee guida EU/OMS rappresentano, infatti, quei pochi strumenti che la Commissione ha a disposizione per affrontare il problema. A questi si sono aggiungi nuovi strumenti di carattere finanziario, come SURE e MES senza condizionalità (solo per sanità e altri strumenti che verranno discussi nel prossimo Consiglio europeo).
In aggiunta, è necessario sottolineare che l’azione dell’Unione rispetta le responsabilità degli Stati membri per la definizione della loro politica sanitaria e per l’organizzazione e la fornitura di servizi sanitari e di assistenza medica. Una previsione sicuramente di rilievo, dato il dibattito sul blocco dell’export di mascherine da parte di Francia e Germania. Situazione imbarazzante e sbloccata dopo dieci giorni dalla mediazione della Commissione europea e sotto pressione di Thierry Breton, francese e Commissario europeo al Mercato Interno. Infatti, agli Stati rimangono le responsabilità della gestione dei servizi sanitari e dell’assistenza medica e l’assegnazione delle risorse loro destinate. Con riferimento alle forniture mediche, l’Unione sta lavorando insieme agli Stati membri per garantire la fornitura di dispositivi di protezione individuale e materiale medico in tutta Europa attraverso il quadro degli appalti pubblici europei, con lo scopo di agevolare l’acquisto rapido di attrezzature, facendo leva e derogando su norme già esistenti.
Inoltre, L’UE ha autorizzato la massima flessibilità nell’applicazione delle sue norme per quanto riguarda gli aiuti di Stato a sostegno delle imprese e dei lavoratori, e le politiche in materia di finanze pubbliche e di bilancio, ad esempio per consentire le spese eccezionali.
Da evidenziare, in conclusione, il paragrafo 5, che indica la possibilità per il Parlamento europeo e il Consiglio (deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria e previa consultazione del Comitato economico e sociale e del Comitato delle regioni) di poter anche adottare misure di incentivazione per proteggere e migliorare la salute umana, in particolare per lottare contro i grandi flagelli che si propagano oltre frontiera; misure concernenti la sorveglianza, l’allarme e la lotta contro gravi minacce per la salute a carattere transfrontaliero; e misure il cui obiettivo diretto sia la protezione della sanità pubblica in relazione al tabacco e all’abuso di alcol, a esclusione di qualsiasi armonizzazione delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri. Infine, nonostante una risposta in questo senso non si sia ancora avuta, degna di nota è la nuova proposta di risoluzione comune del Parlamento europeo sull’azione coordinata dell’UE per lottare contro la pandemia di COVID-19 e le sue conseguenze .
Infine, a livello istituzionale, vi sono diversi organi europei che si occupano anche di sanità pubblica. Tra i più rilevanti si segnalano due Agenzie europee e due divisioni della Commissione e del Parlamento europeo.
In primis, l’Agenzia Europea per i medicinali (EMA) è un organo decentrato dell’Unione Europea che aveva sede a Londra e con la Brexit si è recentemente trasferita ad Amsterdam. Il suo compito principale è quello di tutelare e promuovere la sanità pubblica e la salute degli animali mediante la valutazione e il controllo dei medicinali per uso umano e veterinario. L’EMA è responsabile della valutazione scientifica delle domande finalizzate a ottenere l’autorizzazione europea di immissione in commercio per i medicinali (procedura centralizzata). Nell’ambito della procedura centralizzata, le aziende presentano all’EMA un’unica domanda di autorizzazione all’immissione.
In secondo luogo, il Centro Europeo per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie (ECDC), con sede a Stoccolma, raccoglie e trasmette informazioni su minacce sanitarie attuali ed emergenti e collabora con gli organismi nazionali competenti per mettere a punto sistemi di sorveglianza e allarme a livello europeo. Il Centro pubblica valutazioni del rischio e aggiornamenti epidemiologici per la popolazione dell’UE .
Per quanto riguarda la Commissione, esiste la Divisione Salute e Sicurezza alimentare che sostiene gli sforzi dei Paesi dell’UE per proteggere e migliorare la salute dei loro cittadini e garantire l’accessibilità, l’efficacia e la resilienza dei loro sistemi sanitari. Questo viene fatto in vari modi, tra cui: proposte di legislazione; fornitura di supporto finanziario; coordinazione e facilitazione dello scambio delle migliori pratiche tra i Paesi dell’UE e gli esperti sanitari. A livello legislativo, la Commissione può proporre bozze legislative nel campo sanitario ai sensi dell’articolo 168 (protezione della salute pubblica), articolo 114 (ravvicinamento delle legislazioni) e articolo 153 (politica sociale). In questo senso, le aree in cui l’UE, su proposta della Commissione, ha adottato norme in ambito sanitario includono: diritti dei pazienti relativi all’assistenza sanitaria transfrontaliera; prodotti farmaceutici e dispositivi medici (farmacovigilanza, medicinali falsificati, studi clinici); gravi minacce sanitarie transfrontaliere; tabacco; organi, sangue, tessuti e cellule. Inoltre, la Commissione ha creato un sito denominato “Lo stato di salute nell’UE” il quale mira a rendere le informazioni, le competenze e le migliori pratiche del sistema sanitario facilmente accessibili ai responsabili politici e a tutti coloro che contribuiscono a definire le politiche sanitarie. Gestito dalla Commissione, beneficia del lavoro dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) e dell’Osservatorio Europeo sui Sistemi e le Politiche Sanitarie (Osservatorio), nei suoi sforzi in corso per sostenere la condivisione delle conoscenze tra l’Unione Europea.
Infine, per quanto riguarda il Parlamento europeo, la Commissione salute pubblica e sicurezza alimentare è competente nell’affrontare le tematiche in questione. I coordinatori sono stati impegnati in modo permanente dall’ultima riunione ordinaria del 5 marzo, durante le quali hanno tenuto conferenze telefoniche settimanali con il commissario per la salute e la sicurezza alimentare Kyriakides e con Janez Lenarčič, commissario per la gestione delle crisi e il direttore dell’ECDC. Da segnalare che nel prossimo meeting verranno discussi inoltre con il vicepresidente esecutivo della Commissione, Frans Timmermans, il Green Deal europeo e la legge europea sul clima.
Il panorama degli organismi, delle istituzioni e dei network europei non si limita certamente a questa lista, ma è di sicuro significativo l’apporto organizzativo e di coordinamento di queste istituzioni, considerando la difficoltà di cooperazione tra 27 Paesi e sistemi sanitari diversi. In conclusione, e per riassume questa analisi, si può affermare che i paesi dell’UE hanno la responsabilità primaria nell’organizzazione e nella fornitura di servizi sanitari e cure mediche. La politica sanitaria dell’UE serve pertanto a integrare le politiche nazionali e a garantire la protezione della salute in tutte le politiche dell’Unione.
Pertanto, le politiche e le azioni dell’UE in materia di sanità pubblica mirano a: proteggere e migliorare la salute dei cittadini dell’UE; supportare la modernizzazione delle infrastrutture sanitarie; migliorare l’efficienza dei sistemi sanitari europei. I problemi strategici di salute pubblica sono discussi dai rappresentanti degli Stati membri, dalle autorità nazionali e dalle istituzioni europee (Commissione, Parlamento, agenzie) in gruppi di lavoro di alto livello. Infatti, istituzioni, Paesi, autorità regionali e locali dell’UE e altri gruppi di interesse contribuiscono all’attuazione della strategia sanitaria dell’Unione.
In sintesi, il diritto dell’Unione presenta un catalogo di 14 situazioni giuridiche soggettive riguardo al diritto alla salute, enucleate a partire da una ricognizione dei diritti del paziente nelle singole legislazioni nazionali.
Possono essere raggruppati in quattro grandi aree:
• Organizzazione del sistema sanitario: diritto di accesso ai servizi sanitari, diritto alla libera scelta.
• Contenuti delle prestazioni: diritto a misure di prevenzione, diritto al rispetto dei tempi del paziente, diritto all’osservanza degli standard di qualità, diritto alla sicurezza, diritto all’innovazione.
• Rapporto medico-paziente: diritto di informazione, diritto al consenso, diritto alla privacy e alla segretezza delle informazioni sanitarie personali, diritto di evitare sofferenze e dolore non necessari, diritto a programmi di trattamento personalizzati
• Tutela dei diritti: diritto di reclamo, diritto di risarcimento.
Francesco Spera per www.policlic.it
[1] Il Comitato europeo dei diritti sociali – l’organo di controllo della Carta sociale – ha progressivamente individuato e chiarito i contenuti concreti e le implicazioni dell’obbligo di garantire la salute, e anche il valore e la portata giuridica di quest’obbligo. Ciò è avvenuto nel contesto sia della valutazione da parte del Comitato dei rapporti presentati periodicamente dagli Stati, sia dell’esame e della decisione di alcuni “reclami collettivi” presentati contro gli Stati per violazione dell’Articolo 11. In Il Diritto alla Protezione della Salute nella Carta Sociale Europea, SIDIblog, Diritto Internazionale Pubblico, Giuseppe Palmisano, 27 maggio 2016, disponibile QUI.
[2] Videoconferenze Consiglio: 10 marzo 17 marzo 26 marzo 23 aprile