Elezioni parlamentari austriache: Profili storici e prospettive future

Elezioni parlamentari austriache: Profili storici e prospettive future

Con un anno di anticipo rispetto alla scadenza naturale della legislatura, il prossimo 15 ottobre avrà luogo l’elezione dei membri del Nationalrat, Camera bassa del Parlamento austriaco.

L’indizione della consultazione elettorale è stata stabilita dopo che la nuova linea politica del partito popolare (ÖVP), guidato dal neo leader trentunenne Sebastian Kurz, ha optato nel giugno di quest’anno per l’affossamento della Große Koalition (grande coalizione), l’accordo di governo nato nel 2013 tra SPÖ e ÖVP, i due principali partiti storici austriaci. Ad innescare la crisi già latente del governo guidato dal socialdemocratico Christian Kern è stata la decisione spiazzante del vice-cancelliere, ed ex leader dell’ÖVP, Reinhold Mitterlehner di rassegnare le dimissioni dall’incarico ministeriale in seguito a contrasti sempre più evidenti tra questo e la frangia più estrema del suo partito, in particolare su questioni economiche e migratorie.

Sebbene l’attenzione sia stata, e sia tutt’ora, catturata dalle elezioni tedesche e dalle difficili operazioni negoziali per la formazione del nuovo governo, la consultazione elettorale austriaca appare altrettanto interessante e rilevante per le dinamiche che, come vedremo, irrimediabilmente innescherà per la formazione dell’esecutivo. Ma andiamo con ordine. Un breve e, necessariamente, approssimato tratteggio del profilo della Repubblica austriaca nel suo sviluppo politico-partitico permetterà al lettore di comprendere con maggior profondità i risultati della imminente tornata elettorale.

Come vedremo, la formula adottata per la formazione del governo nel 2013, la Große Koalition, non è nuova ma, anzi, gode di una esperienza radicata nel sistema politico austriaco.

Nata alla fine del primo conflitto mondiale e risorta alla conclusione del secondo, la Repubblica federale austriaca, che si fonda su una delle Carte costituzioni più longeve del continente europeo, è stata caratterizzata, a partire dal suo risveglio e con poche eccezioni, da governi di coalizione tra le due maggiori forze politiche, il Partito Socialdemocratico d’Austria (SPÖ) ed il Partito Popolare Austriaco (ÖVP).

Il partito liberale (FPÖ), altro contendente alla guida dell’esecutivo alle prossime elezioni, inizialmente piccola entità politica legata alla destra conservatrice, è riuscito con il tempo ad assorbire, schierandosi su posizioni euroscettiche, anti-sistema, e progressivamente più estreme, buona parte del consenso perso dai due partiti maggiori impantanati nelle fallimentari esperienze di Große Koalition.

Se, infatti, nel primo periodo della II Repubblica la tipica formula di grande coalizione è stata accompagnata da una sintonia tra i due maggiori partiti, dando vita ad una dinamica consociativa (non scevra di criticità democratiche per la tendenziale esclusione dell’organo rappresentativo quale luogo di elaborazione delle scelte politiche) e garantendo stabilità politica, a partire dagli anni ’90, con l’emersione di nuove sfide interne ed internazionali, il rapporto tra tali due partiti (SPÖ e ÖVP) è diventato sempre più competitivo condizionando la stabilità delle coalizioni di governo.

TAPPE DELL’EVOLUZIONE POLITICO-PARTITICA AUSTRIACA

Elencherò di seguito la composizione dei governi che si sono succeduti dalla nascita della II Repubblica fino ad oggi soffermandomi su quei periodi che maggiormente hanno caratterizzato l’evoluzione del sistema politico-partitico austriaco.

Dal 1949 al 1966, in mancanza di una maggioranza assoluta da parte dei maggiori partiti, la scena politica è stata caratterizzata dalla formazione di governi di grande coalizione (SPÖ – ÖVP).

Dal 1966 al 1983 si sono succeduti governi monocolori, prima del partito popolare e poi di quello socialdemocratico.

Dal 1983 al 1986 si è verificata la prima esperienza di governo dell’FPÖ, a sostegno dell’SPÖ con cui diede vita ad una piccola coalizione.

Dal 1986 al 2000, introdotta la “dottrina Vranitzky”, dal nome del nuovo leader dell’SPÖ, che avrebbe escluso l’FPÖ da una possibile alleanza con l’SPÖ, si è ripresentata la tipica forma di grande coalizione SPÖ – ÖVP.

Le elezioni del 1999 sono decisive sia perché sembravano essere un punto di svolta verso un sistema più maturo e capace di proiettarsi verso un modello bipolare dell’alternanza (speranze che si sarebbero rivelate vane), sia per la particolarità del governo venutosi a formare.

I risultati elettorali, infatti, hanno manifestato un sensibile declino dei partiti maggiori a favore dei Liberali, che per la prima volta hanno ottenuto un risultato superiore all’ÖVP, e dei Verdi (partito ambientalista comparso sulla scena politica austriaca per la prima volta nel 1986): SPÖ – 33,15%; FPÖ – 26,91%; ÖVP – 26,91%; Die Grünen – 7,40%.

La peculiarità del nuovo esecutivo, nato nel 2000 dopo lunghe ed estenuanti trattative, è che si formò per la prima volta con l’assenza del partito vincitore (l’SPÖ), attraverso un accordo di coalizione tra Popolari e Liberali cui venne allegato, su impulso dell’Unione Europea, preoccupata della posizione estremista, xenofoba e nazionalista dei liberali, un programma in cui si ribadiva il rispetto dei valori democratici (è curioso notare come la partecipazione del partito liberale al governo sia stato considerato un problema dagli attori internazionali ed abbia scatenato furibonde reazioni da parte degli stessi solo in questo caso e non anche quando il partito socialdemocratico aveva ottenuto l’appoggio esterno dell’FPÖ al suo governo di minoranza negli anni ‘70 o, ancora, durante in triennio 1983-86 quando venne creato un governo di piccola coalizione (Kleine Koalition) tra i Socialdemocratici e i Liberali, periodo che ha segnato la prima vera partecipazione al governo dell’FPÖ).

Durante la legislatura che vedeva la partecipazione dei Liberali al governo, ed in seguito alle oscillazioni elettorali cui fu soggetto l’FPÖ (perse più di sedici punti percentuali nelle consultazioni elettorali che si tennero nel 2002), Jörg Haider entrò in contrasto con il suo delfino Heinz-Christian Strache ed uscì dall’FPÖ sostenendo che la linea del partito si era spostata su posizioni troppo estremiste.

Il 2005 vide, perciò, la nascita del nuovo partito, il BZÖ (Alleanza per il Futuro dell’Austria) che raggiunse il suo massimo consenso elettorale nel 2008 per poi crollare, fino a sparire dalla scena politica anche a causa della morte, nell’ottobre 2008, del suo fondatore e leader Jörg Haider.

Il mutato panorama partitico poneva non pochi dubbi sull’esito delle successive elezioni che si tennero nell’ottobre 2006. I Socialdemocratici tornarono ad essere il primo partito (35,3%), seguito dai Popolari (il cui consenso crollò dal 42,3% del 2002 al 34,3%). Il risultato dei Verdi e dei Liberali (monchi della storica componente confluita nel BZÖ) fu pressoché paritario (11,05% e 11,04%), mentre il BZÖ riuscì a superare la soglia di sbarramento e ad ottenere 7 seggi nel Nationalrat.

Nonostante le forti perplessità nella creazione di una nuova Große Koalition, il leader dell’SPÖ optò per questa soluzione come unica via per la realizzazione delle tanto agognate riforme costituzionali.

Ma ad un primo periodo di complicità tra i due partiti di governo, ne seguì uno di accesi contrasti che rafforzarono le posizioni più estreme e portarono ad elezioni anticipate.

Nel 2008 si verificò, infatti, un crollo dei voti dell’SPÖ e dell’ÖVP che confluirono principalmente nei due partiti alla destra dei Popolari, FPÖ (17,5%; +6,5%) e BZÖ (10,7%; +6,6%). Di fronte alla prospettiva di un governo di minoranza socialdemocratica o di un governo di alleanza delle destre, si preferì creare nuovamente un governo di grande coalizione tra SPÖ e ÖVP guidato dal neo leader dei socialdemocratici Faymann che sarebbe stato riconfermato nelle successive elezioni del 2013 in un clima caratterizzato da analoghi rapporti di forza parlamentari, se non fosse per l’ingresso nel Nationalrat di due nuove formazioni politiche, il Team Stronach, partito euroscettico (già caduto in rovina) guidato dal multimiliardario austro-canadese Frank Stronach, e NEOS, partito liberale moderato il cui elettorato è attualmente nell’orbita gravitazionale del nuovo partito popolare.

La Große Koalition riconfermata nel 2013 ha dimostrato una buona capacità di collaborazione, nonostante il periodo di forti turbolenze economiche e di pressioni migratorie.

In un crescente clima di tensioni internazionali causate, in particolare, dalla questione della (pessima) gestione del flusso dei migranti, l’FPÖ è però riuscita a fare il suo gioco attraverso una narrazione ultranazionalista che ha acuito i contrasti politici e manifestato l’incapacità di una adeguata risposta da parte delle forze di governo, in un tipico schema politico che “obbliga” i partiti a profittare dei momenti di maggiore instabilità per guadagnare consenso. Le elezioni presidenziali e gli avvenimenti del 2016 dimostrano questa tendenza: la prodigiosa scalata dell’FPÖ ha portato il suo candidato Norbert Hofer al ballottaggio con l’attuale Presidente della Repubblica, l’esponente dei Verdi Alexander Van der Bellen, e costretto il primo ministro Faymann a rassegnare le dimissioni.

IL NUOVO PARTITO POPOLARE E LE ELEZIONI ANTICIPATE

Il clima tutt’altro che stabile della coalizione di governo ha indotto il vice-cancelliere Mitterlehner alle dimissioni e dato nuovo slancio ad un dibattito interno all’ÖVP, già da tempo acceso, che ha portato all’elezione di una nuova leadership.

 

Il trentunenne ministro degli esteri Sebastian Kurz, eletto con il 98,7% dei voti, come prima operazione ha fatto cadere il governo interrompendo l’accordo di coalizione con l’SPÖ e portato l’Austria ad elezioni anticipate. Dopodiché ha rinfrescato l’immagine del partito popolare modificandone il simbolo, i colori, lo statuto (accentrando i poteri nella sua persona), la narrazione politica e ribattezzando l’ÖVP in Liste Sebastian Kurz – die neue Volkspartei (Lista Sebastian Kurz – il nuovo Partito del Popolo).

 

La nuova strategia politica del Partito Popolare è in linea con l’andamento generale di una personalizzazione del partito e della campagna elettorale.

I rinnovamenti introdotti hanno prodotto, in proiezione, i risultati sperati portando il nuovo Partito Popolare al primo posto (gli ultimi sondaggi vedono l’ÖVP al 33-34% seguito dal FPÖ al 26% e dal SPÖ al 24%).

Si tratta di una rimonta senza precedenti ottenuta grazie ad una rinfrescata immagine di partito promotrice di un orientamento politico moderato e sostenitrice di un’Austria forte e sovrana, imprescindibile snodo di una Unione Europea interconnessa che sappia garantire l’inviolabilità delle sue frontiere.

Ciò ha sottratto consensi all’ex alleato SPÖ, in difficoltà di fronte al carisma del giovane Kurz (e colpita dallo scandalo delle fake news diffuse per danneggiare l’immagine di Kurz), e all’FPÖ, su posizioni eccessivamente nazionaliste che non convincono quell’elettorato che è riluttante all’idea di un’Austria extracomunitaria.

PROSPETTIVE FUTURE

Nonostante le previsioni indichino l’ÖVP come vincitore alle prossime elezioni, è altamente improbabile che raggiunga una maggioranza assoluta per la formazione di un governo monocolore. È invece più probabile che sarà necessaria una coalizione di governo.

Analogamente a quanto avviene in Germania, i democristiani dell’ÖVP difficilmente creeranno una nuova Große Koalition con i socialdemocratici dell’SPÖ che, con buona probabilità, torneranno, vista la posizione della leadership, la recente rottura con i popolari e le proiezioni elettorali, all’opposizione.

Sarà, dunque, più probabile la creazione di un governo di coalizione tra Popolari e ultranazionalisti di FPÖ.

Insomma, una riedizione di quell’alleanza del 2000, tanto osteggiata all’epoca dagli attori internazionali, caratterizzata, però, da nuovi rapporti di forza in cui le destre sovraniste hanno un vantaggio decisivo rispetto ad una sinistra in affanno nella ricerca di convinzione ideologica e di una narrazione politica credibile.

Una simile prospettiva, se da un lato renderebbe ancora più difficile quel processo di rinnovamento dell’Unione Europea tanto auspicato dal neo Presidente francese Emmanuel Macron, dall’altro determinerebbe il superamento del carattere obbligatorio della tipica forma di coalizione che ha attraversato l’intero periodo della II Repubblica.

Le sinistre potrebbero, dunque, cogliere l’occasione della probabile posizione di minoranza per compattarsi ed offrire una reale alternativa alle destre, favorendo il passaggio da quella che è stata definita dalla dottrina giuspubblicistica Repubblica irrigidita, tipica di una democrazia non sana, ad un sistema di democrazia compiuta dell’alternanza, sistema ancora non conosciuto dalla Repubblica federale austriaca.

 

Vincenzo Martucci per Policlic.it

 

 

 

 

 

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