Le elezioni del 25 Settembre 2022 da poco conclusesi sono state uno tra gli argomenti più dibattuti degli ultimi mesi, e a pochissimo tempo dalle votazioni emergono già i primi malcontenti, gli entusiasmi e gli eventuali interrogativi.
Un salto nel passato
Per comprendere al meglio i risultati delle urne, è necessario fare un passo indietro nell’ormai lontano 2018, anno delle ultime elezioni politiche italianee vinte dal Movimento 5 Stelle, al tempo guidato da Luigi Di Maio. Una vittoria senza una maggioranza per poter reggere un governo in piena autonomia, ma con numeri abbastanza forti per l’attuazione di molte delle proposte decantate nella campagna elettorale.
Era necessaria un’alleanza per governare e, dopo ben due mandati esplorativi, si trovò un accordo tra il M5S e la Lega di Matteo Salvini con cui venne scelto il nome di un Presidente del Consiglio esterno, ovvero dell’avvocato Giuseppe Conte, docente universitario alla LUISS di Roma e professore di Diritto Privato presso l’Università di Firenze. L’affluenza alle urne (al tempo pari al 73%) non era stata delle migliori, ma nemmeno delle peggiori sia per la votazione alla Camera dei Deputati sia per quella al Senato della Repubblica.
Il primo governo Conte ebbe però vita breve in seguito alla mozione di sfiducia della Lega avvenuta il 9 agosto 2019, passata alla cronaca giornalistica come la “crisi del Papeete”. Nuovamente incaricato in seguito dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, Giuseppe Conte sciolse la riserva e riuscì a formare un nuovo governo (il c.d. Conte-bis) che vide il passaggio da una componente giallo-verde (M5S+Lega) a una giallo-rossa (M5S+forze di centrosinistra, rappresentate dal Partito Democratico e da Liberi e Uguali). È stato questo il governo che ha guidato l’Italia durante lo scoppio della pandemia globale di COVID-19 e il periodo più cupo e drammatico della recente storia italiana (2019-2021).
Solo nel febbraio dello scorso anno, in seguito alle dimissioni dell’allora premier Conte, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella convocò al Quirinale l’ex Presidente della Banca Centrale Europea Mario Draghi per la formazione di un governo di unità nazionale (2021-2022), il quale vide l’appoggio trasversale di molte forze politiche con la sola eccezione di Fratelli d’Italia, che nella coalizione di Centrodestra si oppose a tale soluzione. In seguito alle dimissioni del premier e alla successiva caduta del governo Draghi, atto conclusivo di questa faticosa legislatura, l’allora riconfermato Presidente della Repubblica decretò lo scioglimento delle Camere e indisse elezioni anticipate per il 25 settembre di quest’anno.
I problemi attuali
L’eredità lasciata alla nuova legislatura non è tra le più facili da gestire, considerando anche l’attuale situazione del nostro Paese: la crisi sanitaria, che ha visto l’Italia tristemente protagonista in Europa per i record in numero di morti e contagiati, ha fatto sentire il proprio gravoso impatto sulla nostra economia interna, a sua volta già intaccata dalla crisi vissuta negli ultimi anni. Il conflitto russo-ucraino, poi, ha soltanto aggravato lo scenario, generando un malcontento unanime attorno alle spese che gli italiani si ritrovano a dover affrontare a fine mese per via degli enormi rincari sulla qualità della vita.
Le forze politiche devono rispondere a esigenze ben diverse da quelle di quattro anni fa, con un elettorato forse più desideroso di risposte concrete. L’intervento del governo, in una situazione del genere, non è solo una richiesta ma diventa una necessità per la sopravvivenza.
La tornata elettorale è stata accompagnata da una generale richiesta di aiuto proveniente – forse per la prima volta – da più classi sociali (dagli imprenditori costretti alla chiusura forzata delle loro attività durante il lockdown, fino ad arrivare a chi invece il lavoro lo ha perso per via della pandemia o a chi non riesce a trovarlo per la scarsa offerta lavorativa).
Tutti sono bisognosi di una maggiore attenzione alle loro richieste: meno tasse e maggiori assunzioni, un’attenzione di riguardo verso la minaccia dei cambiamenti climatici ma anche la tutela dei diritti fondamentali e la sicurezza per il Paese. Ogni partito ha presentato le proprie proposte nei programmi elettorali che sono stati tanto commentati negli ultimi mesi.
I numeri delle elezioni
A differenza della tornata elettorale del 2018, a convincere di più i cittadini italiani è stata la coalizione di centrodestra (che ottiene il 44% circa dei voti) e, in particolare modo, Fratelli d’Italia: stando ai dati ufficiali riportati dal sito del Ministero dell’Interno, il partito di Giorgia Meloni ha ottenuto circa il 26% delle preferenze (un risultato eclatante, che certifica la scalata del partito dal 4% ottenuto in precedenza nelle elezioni del 2018), seguita dal Partito Democratico di Enrico Letta (19.06%, numero che porta la coalizione di centrosinistra a un inaspettato 26,12% complessivo).
Al terzo posto, il Movimento 5 Stelle di Giuseppe Conte che, grazie a una attenta campagna elettorale, compie una rimonta rispetto alle stime post scissione con la componente di Di Maio e si aggiudica il 15,42% dei voti. Non convince fino in fondo invece il c.d. Terzo Polo di Carlo Calenda e Matteo Renzi: a fronte dell’obiettivo dichiarato di raggiungere il 10%, la coalizione non raggiunge infatti l’8% delle preferenze (7,78%).
Tutti gli altri partiti in corsa non riescono a raggiungere la soglia di sbarramento del 3% e – con le sole eccezioni dei partiti provenienti dalle regioni a statuto speciale (Sicilia e Trentino Alto Adige) – restano fuori dal prossimo Parlamento, a partire da +Europa di Emma Bonino che manca di poco la soglia fermandosi al 2,83% per proseguire con ItalExit di Gianluigi Paragone (1,90%), Unione Popolare di Luigi De Magistris (1,43%) e la formazione Italia Sovrana e Popolare che si ferma all‘1,24%. Sotto all’1% infine (con i voti che vengono dispersi) il partito Noi Moderati di Giovanni Toti e Luigi Brugnaro (0,91%) e – da ultimo – il nuovo partito di Luigi Di Maio: Impegno Civico infatti, riesce a far nominare Bruno Tabacci soltanto grazie alla sua vittoria del collegio uninominale d’appartenenza (mentre Di Maio invece è stato sconfitto), non riuscendo invece ad arrivare all’1% (0.60%).
A deludere ogni aspettativa è però il dato dell’affluenza alle urne: se nel 2018 il 73% sembrava una cifra preoccupante, il 63,91% mostra una situazione sempre più critica, la percentuale più bassa della storia della Repubblica e la più bassa fra le elezioni dei paesi europei. Più di un italiano su tre non si è recato alle urne e a decidere del futuro dell’Italia è stata una risicata maggioranza degli elettori che crede ancora in quel diritto e dovere civico rappresentato dal voto. I motivi dell’astensionismo dilagante possono essere diversi, ma a influire resta sempre la scarsa partecipazione pubblica alla vita politica, come se quest’ultima non ci riguardasse in prima persona mentre le esperienze dirette degli ultimi anni hanno dato la prova – o avrebbero dovuto darla – di come semplici scelte politiche possano cambiare la vita di centinaia di migliaia di italiani e di come quindi diventino cruciali durante periodi di crisi.
Una maggioranza significativa al governo
Al netto delle personali opinioni politiche, già da oggi si può affermare di avere un governo e questo non è un dato scontato: con la legge elettorale attualmente in vigore infatti (il Rosatellum-bis), diventa molto difficile ottenere una maggioranza forte in Parlamento e spesso si deve scendere a dei compromessi per poter governare. Ma la coalizione di centrodestra è riuscita a ottenere il 44,02% dei voti al Senato e il 43,84% alla Camera, numeri significativi che garantiscono l’ottenimento della maggioranza (con il 40% dei voti si conquistano circa il 60% dei seggi).
All’annuncio dell’ufficialità del risultato elettorale, la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni ha voluto festeggiare il risultato ottenuto rivolgendosi agli italiani con un messaggio incentrato sulla responsabilità che sente di dover rispettare nei confronti degli oltre sette milioni di elettori che hanno votato prediligendo “ciò che unisce e non ciò che divide”.
Il programma di Giorgia Meloni ha quindi convinto la maggior parte degli elettori a partire dalle proposte di riforma istituzionale come l’elezione diretta del Presidente della Repubblica fino ad arrivare alle proposte per i lavoratori, per le famiglie e gli studenti (sostegno allo sport, supporto e valorizzazione del Terzo settore e la revisione meritocratica e professionalizzante del percorso scolastico).
Proposte queste che sono allineate con quelle dei suoi alleati (Lega e Forza Italia), che a loro volta hanno raggiunto l’8,7 e l’8,1% dei voti. Nonostante le scelte radicali di Fratelli d’Italia in materia di immigrazione, diritti civili e della comunità arcobaleno siano oggetto di continue discussioni, vi sono stati altri punti del programma che hanno avuto un maggiore consenso: l’introduzione della c.d. flat tax, la pace fiscale e la riforma del reddito di cittadinanza sono solo alcune delle proposte più apprezzate, assieme al sostegno alla famiglia “naturale” (che prevede asili nido gratuiti, la riduzione dell’IVA sui prodotti per l’infanzia e la tutela del lavoro delle giovani madri) e alla tutela e promozione del Made in Italy.
I commenti e le reazioni nel panorama italiano e internazionale
Le reazioni dell’opinione pubblica nazionale e internazionale in seguito alla vittoria di Giorgia Meloni e del centrodestra sono state davvero discordanti: tra i più preoccupati, in Italia, vi sono le giovani generazioni, profondamente critiche e impaurite allo stesso tempo per un partito così radicale nel proprio collocamento, nelle sue scelte e nella propria comunicazione, mentre tra le fasce di popolazione più in avanti con gli anni vi è la speranza di vedere un cambiamento in positivo della politica italiana, finalmente forte delle sue posizioni anche se spesso criticate.
A livello internazionale, invece, alcune tra le più importanti testate e network televisivi statunitensi hanno suonato alcuni campanelli d’allarme come la CNN che ha definito oggi la Meloni come “la premier più a destra dai tempi di Mussolini” [1]. Non solo critiche però, ma anche messaggi di felicitazioni e elogi provenienti dai partiti di estrema destra in Polonia, Spagna e Ungheria, oltre ai messaggi di Marine Le Pen (Rassemblement National) e dello stesso Viktor Orban.
Ciò che è certo è che con i primi passi di questo nuovo governo nei prossimi mesi avremo modo di capire se ci sarà un profondo ripensamento sulla scelta di porre fiducia nella Meloni o se alle parole seguiranno fatti concreti. Comunque vada, l’importante è non cadere nell’indifferenza e non rientrare mai in quella percentuale di elettori non votanti perennemente insoddisfatta per l’andamento della politica italiana: non bisogna perdere la speranza per un’Italia all’altezza dei nostri ideali, qualunque essi siano.
Giulia Simeoni per www.policlic.it
Note e ulteriori riferimenti
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