Non appena ho saputo della visita di Battiato in Puglia mi son precipitato ad acquistare il biglietto, non immaginando che questo avvenimento avrebbe in qualche modo ispirato la scrittura di quest’articolo. Il suo coinvolgimento in ogni settore della società poi, rende agevole il compito di trattare più tematiche che altrimenti sarebbero difficili da analizzare contestualmente.
Prima di inoltrarmi nella stesura dell’articolo mi pare doveroso augurare al cantautore una pronta e sana guarigione in seguito alla caduta sul palco avvenuta durante l’esecuzione di “Voglio vederti danzare”.
A distanza di qualche giorno dallo spettacolo posso affermare con certezza che il Maestro ci ha concesso una serata strepitosa, non convenzionale e memorabile. Il concerto tenutosi nel capoluogo pugliese, presso uno dei teatri più belli d’Italia (Petruzzelli), è la testimonianza che un artista del suo calibro è paragonabile al legno pregiato di uno strumento musicale o ad una buona bottiglia di vino, per i quali vale la regola che invecchiando si migliora. Il suo progressismo musicale sconvolge gli artisti più giovani che altro non possono fare che prostrarsi dinanzi alla sua eterna giovinezza musicale nonché alla sua modestia imbarazzante. Ma il genio di Battiato, non si esaurisce nella brillante composizione musicale dei brani, va ben oltre, regalandoci della vera e propria letteratura che ben si presta alle questioni politiche e culturali che ho intenzione di analizzare in quest’articolo. La scelta di trattare un argomento così insolito come prima pubblicazione nel mio Blog deriva dalla voglia di sottolineare la mancata evoluzione del nostro paese partendo da un suo celebre e purtroppo veritiero brano intitolato: POVERA PATRIA.
Povera patria si impone con forza nel panorama musicale Italiano nel 1991, in un momento politico difficilissimo per il nostro paese, che vedeva crollare le fondamenta di quella che successivamente è stata definita “prima Repubblica”. Con il dono della preveggenza e con una lucida analisi della realtà presagiva il tragico e umiliante avvenimento noto con il nome di Tangentopoli. Facendo uso di aggettivi quali “inutili” e “buffoni” rendeva al meglio l’idea degli individui incaricati di governare il Bel Paese, che avevano fatto dell’abuso di potere, della concussione e della corruzione le caratteristiche peculiari dell’élite politica del tempo. Purtroppo però, toccare il fondo non originò in noi una spinta motivazionale abbastanza forte da eliminare tutti quei vizi e quelle abitudini truffaldine, altresì rappresentò il precedente culturale che giustifica l’attuale marasma pubblico. Senza soluzione di continuità raccogliamo l’eredità di quel periodo storico che pare lontano ma che è incredibilmente e dolorosamente vicino.
Il suo realismo intellettuale non risparmia neanche i giornalisti, una delle categorie professionali più dibattute e controverse di sempre, che hanno il compito di conservare l’Italia in uno stato di servilismo perpetuo verso la politica. A loro è associata la figura animale della iena, che in senso figurato spolpa ciò che rimane della carogna di uno stato alla deriva.
Con le dovute differenze poi, sento l’esigenza di evidenziare i versi in cui l’artista parla dei “corpi in terra senza più calore” portando come esempio le stragi che si consumano attorno alle nostre coste. Le stesse paiono abituate a vedere il mare ingoiare i corpi di bambini, donne e uomini che giacendo inermi sui fondali marini testimoniano il “coraggio” del nostro parlamento, capace di partorire una legge conosciuta ai più con il nome “legge Bossi-Fini”.
Il testo analizzato oggi purtroppo non può essere etichettato come anacronistico, bensì, è attualissimo e certifica una delle mie paure più grandi ovvero quella dell’incapacità del nostro paese di compiere quel passo in avanti che ci permetterebbe di essere classificati come un paese altamente democratico e un baluardo a difesa dei diritti dell’uomo.
“Non cambierà, vedrai che cambierà” cantava combattuto il cantautore riferendosi alla nostra comune Patria. E’ mia personalissima idea che l’Italia non cambierà, almeno nei prossimi anni che NOI, (gente comune) ci accingiamo a vivere con spirito di sacrificio e abnegazione. Son consapevole di quanto sia pessimista la mia visione della realtà ma “la primavera intanto…tarda ad arrivare”.