Tra l’XI e il XII secolo, l’Europa fu caratterizzata dalla cosiddetta “lotta per le investiture”, una serie di conflitti combattuti per quasi un cinquantennio (1075-1122[1]), fra il papato, che promosse un movimento riformatore della Chiesa, e il Sacro Romano Impero[2]. Lo scontro riguardava soprattutto il diritto di “investire”, ossia nominare, gli alti ecclesiastici e lo stesso pontefice. Questi anni, come detto, videro come protagonisti grandi personaggi: il papa, l’imperatore, ma anche una donna: la Gran Contessa Matilde di Canossa, il cui ruolo fu cruciale negli avvenimenti che si verificarono[3].
Matilde e i Canossa
Matilde di Canossa[4] nacque nel 1046, probabilmente a Mantova[5], figlia di Bonifacio di Canossa e di Beatrice di Lorena (parente dell’imperatore Enrico III). Nel 1052, quando Matilde aveva solo sei anni, il padre fu ucciso[6] da una freccia avvelenata durante una battuta di caccia a San Martino dall’Argine, tra Cremona e Mantova[7]. Poco dopo le morirono in circostanze misteriose anche la sorella e il fratello maggiori, Beatrice e Federico. La madre di Matilde decise dunque di fuggire con lei da Mantova, in cerca di protezione[8].
Verso la fine di aprile del 1054, la vedova Beatrice prese come secondo marito un suo parente[9], Goffredo il Barbuto, duca di Lorena[10]. Quest’ultimo aveva un figlio, Goffredo il Gobbo, al quale Matilde, che allora aveva otto anni, fu promessa sposa[11]. Le nozze di Beatrice e Goffredo furono sgradite all’imperatore Enrico III che, temendo la crescita del potere dei suoi due vassalli, nel marzo del 1055 decise di scendere in Italia con il suo esercito[12]. Goffredo fu allontanato dall’Italia, trovando rifugio in Lorena, mentre Matilde e la madre furono fatte prigioniere nel giugno del 1055, e portate nel castello dell’imperatore a Gloslar, in Germania[13]. In questi anni, Matilde ricevette un’ottima educazione: conobbe la lingua dei Franchi[14], quella dei Teutoni, il latino e il volgare italiano[15]. Dopo la morte di Enrico III, avvenuta il 5 ottobre 1056, i signori di Canossa rientrarono in Italia, occupandosi dei loro vasti domini[16], ma seguendo e influenzando anche le elezioni dei pontefici che si succedettero rapidamente, da Leone X ad Alessandro II[17].
La riforma della Chiesa
Nel frattempo, nella Chiesa andava via via crescendo un vigoroso movimento riformatore, appoggiato anche da Goffredo il Barbuto[18], che voleva profondi cambiamenti, come l’abolizione della simonia, ossia il commercio delle cariche ecclesiastiche, e del matrimonio[19] del clero[20]. I Canossa appoggiarono la Riforma con forza, sia per ragioni ideali, sia per ampliare e consolidare il proprio potere, mentre la Chiesa si avvalse del loro aiuto (donazioni di denaro e terre, interventi armati) per raggiungere una sempre maggiore autonomia dall’intromissione dell’imperatore e delle potenti famiglie romane[21], verso la realizzazione della cosiddetta libertas Ecclesiae[22]. Per questo, papa Niccolò II, nel corso di un concilio a Roma nell’aprile del 1059, con il decreto De eligendo pontifice (“Sull’elezione del pontefice”), stabiliva per la prima volta l’esclusione dei laici nell’elezione del papa[23], che da allora in poi doveva essere eletto solo dai cardinali riuniti in conclave[24].
Il papato di Niccolò II ebbe breve durata, finendo, con la sua scomparsa, il 19 luglio 1061[25]. Il 21 ottobre dello stesso anno venne eletto a Roma un nuovo papa, Anselmo da Baggio, vescovo di Lucca e vicino ai Canossa, con il nome di Alessandro II. Tuttavia, il nuovo imperatore Enrico IV fece eleggere a sua volta un pontefice a Basilea, il 28 ottobre, cioè il veronese Cadalo, vescovo di Parma, con il nome di Onorio II. Ne conseguirono scontri armati fra papa e imperatore. Ma, alla fine, Alessandro II, nel concilio di Mantova del 31 maggio 1064, alla presenza anche di Beatrice di Canossa e Goffredo il Barbuto, seppe dimostrare di essere stato eletto secondo il decreto di Niccolò II, e di essere dunque l’unico e legittimo papa. E lo scisma ebbe fine[26].
In procinto di morire[27], Goffredo il Barbuto decise di ritornare in Lorena e, a Verdun, dispose di farsi raggiungere da tutta la famiglia, facendo celebrare le nozze fra Matilde, che allora aveva ventitre anni, e suo figlio, Goffredo il Gobbo[28]. Dopo la morte del patrigno, la Contessa rimase in Lorena, probabilmente nel castello di Bouillon[29], accanto al marito. Quest’ultimo aveva ereditato le ricchezze e i possedimenti paterni, e preferiva quindi trattenersi nella regione francese. Nel 1070 Matilde rimase incinta, dando poi alla luce una bambina, Beatrice, defunta probabilmente subito dopo. La Contessa non era dunque riuscita a dare alla dinastia un erede che avrebbe garantito una discendenza[30]. E appena le fu possibile, si diede alla fuga[31], abbandonando Goffredo il Gobbo, e quel matrimonio che l’aveva resa tanto infelice[32].
Il 28 aprile del 1073, fu eletto papa Gregorio VII, e Goffredo gli chiese subito aiuto per risolvere la discordia con la moglie. Il 6 maggio, il pontefice gli rispose, assicurando il suo intervento[33]. All’inizio del 1074, su ennesima pressione di Goffredo, Gregorio VII chiese a Matilde di recarsi a Roma per un colloquio non rimandabile, e il 16 febbraio dello stesso anno, gli scrisse di nuovo, inviandogli una lunga lettera. Secondo il papa, la Contessa era una peccatrice[34]; ella, infatti, non solo si era allontanata dal marito, ma non aveva anche nessuna intenzione di riconciliarsi con lui[35]. Matilde decise di non ubbidire al pontefice, forse anche per calcolo politico: per lei e la madre, infatti, era ormai meglio che Goffredo non si intromettesse nell’amministrazione dei loro beni in Italia. In ogni caso, le due donne erano consapevoli di poter continuare a contare sulla protezione di Gregorio VII, bisognoso a sua volta del loro appoggio concreto per riuscire nella Riforma della Chiesa[36].
Papa contro imperatore
All’inizio del suo pontificato, Gregorio VII aveva cercato, con successo[37], un accordo con Enrico IV, grazie alla mediazione di Matilde e Beatrice di Canossa, Goffredo il Gobbo e Agnese, la madre dell’imperatore[38]. Il papa era preoccupato soprattutto per l’opposizione crescente fra vescovi e arcivescovi, non solo italiani, al nuovo modello che egli voleva imporre di una Chiesa libera, potente e ricca, ma che andava a discapito delle singole chiese. Non solo, andavano banditi la simonia e il matrimonio del clero, e i sacerdoti dovevano avvicinarsi allo stile di vita puro dei monaci, vivendo in comune con gli altri preti. Secondo Gregorio VII, poi, i vescovi dovevano dipendere solo dal papa, e per questo era il pontefice a capo della Chiesa, e non l’imperatore[39]. Ma Enrico IV non poteva accettare il programma della Riforma gregoriana, che gli avrebbe tolto un enorme potere, e quindi iniziarono gli scontri[40].
Il 24 gennaio del 1076, a Worms, si svolse un’assemblea dell’episcopato tedesco presieduta da Enrico IV, alla quale parteciparono anche importanti personaggi laici, come Goffredo il Gobbo[41], che aveva abbandonato il sostegno al papa, e si era alleato con l’imperatore. Alla fine dell’assemblea, ventisei vescovi sottoscrissero una lettera indirizzata a Gregorio VII, chiamato solo Ildebrando[42], in cui lo si dichiarava deposto in quanto non eletto canonicamente. Inoltre, si respingevano come intollerabili alcune pretese del pontefice: l’affermare il primato di Roma su tutte le altre Chiese, l’avere accentrato sulla propria persona il potere dei vescovi, e la pretesa di ergersi come giudice assoluto. A questa lettera se ne aggiunsero altre due di Enrico IV, una diretta ai Romani e una a Gregorio VII, entrambe violentemente censorie[43].
La lettera dei ventisei vescovi conteneva anche un’altra accusa; essi, infatti, insinuarono l’esistenza di rapporti amorosi fra il pontefice e Matilde di Canossa: “Ha ammorbato tutta la Chiesa con lo scandalo gravissimo della convivenza e coabitazione con la donna di un altro[44] […] e ci fa vergognare che tutto il mondo ecclesiastico sia amministrato da questo inusitato senato di donne[45]” [46]. Questa calunnia fantasiosa fa comprendere come, agli occhi dei vescovi, Matilde e la madre fossero solo due seduttrici, nonostante si fossero dimostrate ben capaci di reggere e amministrare i loro vasti domini[47].
La risposta di Gregorio VII alla lettere dei vescovi di Worms e di Enrico IV fu violentissima. Il 22 febbraio, festa della cattedra di san Pietro, il papa decise di scomunicare l’imperatore[48]. Il provvedimento del pontefice trovava sostegno in un’altra sua iniziativa: il cosiddetto Dictatus papae[49], un testo che illustrava i princìpi che egli intendeva imporre. Nel Dictatus, infatti, si sosteneva che solo il papa poteva deporre i vescovi, perdonarli e nominarli a suo piacimento, ma poteva deporre anche gli imperatori[50]. Circa un mese dopo, la notizia della scomunica raggiunse Enrico IV a Utrecht[51], che aveva intenzione di riunire un sinodo il 26 marzo, vigilia di Pasqua, per fare in modo che nella messa venisse scomunicato Gregorio VII[52]. L’imperatore si mise alla ricerca di alleati che lo aiutassero, ma intorno a lui si fece rapidamente il vuoto, anche a causa di un accordo fra i vescovi filo-papali e vari principi tedeschi, che cominciarono a discutere di una possibile successione al trono di Germania[53].
Nel frattempo, il 27 febbraio 1076, Goffredo il Gobbo era stato ucciso in modo ignobile e atroce[54]. La notizia dell’accaduto fece il giro del mondo, e ne fu accusata la stessa Matilde, all’epoca trentunenne[55]. A questo, si aggiunse una perdita terribile nella vita della Contessa: la morte della madre a Pisa, il 18 aprile dello stesso anno[56]. Da questo momento in poi, Matilde si trovava da sola a capo di un vasto dominio, proprio nel momento culminante del conflitto fra papato e impero[57].
Gregorio VII, a dicembre[58], si mise in viaggio, scortato dalle truppe della Contessa, da Roma verso Augusta, dove era stata fissata una dieta[59] per il 2 febbraio 1077. In questa occasione, Enrico avrebbe dovuto presentarsi penitente per ottenere la revoca della scomunica. L’8 gennaio, il papa giunse a Mantova, sede del Palazzo di Matilde, in attesa che dalla Germania giungesse la scorta dei principi tedeschi per attraversare le Alpi. Con lui vi era Ugo, abate di Cluny, che probabilmente portava messaggi da parte di Enrico IV. Giunse la notizia che l’imperatore, con una mossa a sorpresa assai abile, gli stava andando incontro con un grande esercito, la moglie Berta, il figlio Corrado, e l’appoggio di molti vescovi, anche italiani, scomunicati[60]. A questo punto, Gregorio VII decise di rifugiarsi con Matilde nella ben protetta rocca di Canossa. E ai due si aggiunsero anche Ugo di Cluny[61] e la contessa Adelaide di Torino, suocera dell’imperatore[62].
L’umiliazione di Canossa
Enrico IV, quindi, come racconta il cronista filogregoriano Bertoldo di Reichenau, non scendeva in Italia per mostrarsi penitente di fronte a Gregorio VII, ma per rilanciare la lotta, appoggiandosi ai vescovi lombardi scomunicati dal pontefice, ma ancora ben saldi nelle loro sedi[63]. Da entrambe le parti si intensificarono i preparativi militari e si incontrarono le due delegazioni[64]. Furono giorni eccezionali: per la prima volta, infatti, un papa e un imperatore si trovavano in lotta l’uno difronte all’altro[65]. Il 20 gennaio Enrico IV giunse, con un grande esercito, nelle vicinanze della rocca di Canossa. In seguito, vi fu l’incontro con Matilde e Ugo di Cluny nella cappella di San Nicola di Monte Zane, dove evidentemente furono gettate le basi per un accordo. Dal 25 al 28 gennaio, nel gelidissimo inverno, Enrico IV si sarebbe umiliato e avrebbe pregato Gregorio VII, che alla fine gli concesse il perdono. L’imperatore ne usciva apparentemente vinto, ma egli puntava solo ad essere assolto e a riavere dei sudditi a lui fedeli. E il papa, di fatto, non aveva alternative[66].
Fu proprio questa mediazione a scolpire il nome di Matilde di Canossa nella Storia[67]; ella seppe agire con grande diplomazia e in duplice veste, da un lato come amica di Gregorio VII e sostenitrice della Riforma della Chiesa, e dall’altro come parente e vassalla di Enrico IV[68]. Ma il pentimento dell’imperatore non era sincero, e questo non era sfuggito al papa, che scrisse subito ai principi tedeschi, quasi per giustificarsi dell’assoluzione del sovrano[69]. Egli, infatti, dopo essere stato perdonato, aveva ricominciato quasi subito a combattere i suoi nemici, ma nel frattempo, una parte dei principi tedeschi aveva eletto un nuovo sovrano, Rodolfo di Svezia. Questi, il 27 gennaio 1080, sconfisse Enrico IV nella battaglia di Flarchheim, in Turingia[70]. Gregorio VII comprese ben presto che non si poteva fare affidamento sull’esito della guerra, e occorreva quindi percorrere un’altra via: una seconda scomunica di Enrico IV, che avvenne il 7 marzo, nel corso dell’annuale sinodo quaresimale, e il riconoscimento di Rodolfo come legittimo sovrano[71].
In risposta, Enrico IV, nel corso del concilio di Bressanone del 25 giugno, presieduto da Ugo Candido e a cui parteciparono trenta vescovi filoimperiali, era riuscito a far eleggere un antipapa[72], Guiberto, arcivescovo di Ravenna, con il nome di Clemente III. In seguito, dopo la morte di Rodolfo di Svevia, il 15 ottobre 1080 a Magdeburgo, Enrico IV, privo di rivali, decise di andare a Roma con un grande esercito per farsi incoronare imperatore dall’antipapa. Nel luglio 1081, chiese a Matilde, come sua vassalla, la scorta armata per poter attraversare in sicurezza i suoi territori, ma gli fu negata. Di conseguenza, a Lucca, Enrico IV decise di confiscare tutti i beni della Contessa e di dichiararla decaduta da tutte le sue funzioni pubbliche. Matilde, quindi, si diede alla fuga, rifugiandosi nei suoi munitissimi castelli nell’Appennino emiliano[73].
Da questo momento, la Contessa dovette affrontare tempi assai duri, con continui spostamenti, scontri armati, sconfitte, e anche problemi economici, tanto che nel 1082, pur di aiutare Gregorio VII che a sua volta doveva affrontare l’antipapa Clemente III, decise di inviagli tutto l’oro ricavato dalla fusione del tesoro del monastero di Sant’Apollonio di Canossa[74]. Due anni dopo, nel 1084, Enrico IV era riuscito a entrare a Roma, lasciandosi alle spalle aspri combattimenti contro Matilde, nei domini dei Canossa. Gregorio VII, invece, in esilio, ormai sconfitto e ammalato, si spense a Salerno il 25 maggio del 1085[75].
Verso una riconciliazione fra papato e impero
Dopo quasi un anno di sede vacante e il breve pontificato di Vittore III, fu eletto a Terracina, il 12 marzo 1088, un nuovo papa: Urbano II[76], anche se continuava ad agire pure l’antipapa Clemente III[77]. Con Urbano II, prese avvio una nuova politica, che vide avanzare il progetto di una crociata in Terra Santa, e l’abbandono della lotta contro i nemici della Riforma[78]. Per questo nuovo indirizzo del pontefice, Matilde perse il forte legame con il papato e, rimasta senza alleati e sostenitori, decise di trovare rinforzo in un secondo matrimonio, ovviamente con un avversario di Enrico IV[79]: la scelta cadde su Guelfo V di Baviera[80], discendente di un’importante dinastia. Le nozze[81], che si svolsero nel 1089, furono senza dubbio anomale, e crearono scalpore e pettegolezzi[82]. Lo sposo, infatti, era un ragazzino appena maggiorenne[83], che si trovava marito di una donna matura di quarantadue/tre anni[84]. Dietro questa scelta della Contessa vi era una vera esigenza: quella di dare un erede alla dinastia. Alla fine, i figli fra Matilde e Guelfo non arrivarono mai, ma i due rimasero insieme per almeno sei anni[85], fino alla separazione definitiva nel 1095. Per la seconda volta fu un matrimonio fallito[86].
Tra il 1099 e il 1100, morirono papa Urbano II[87] e l’antipapa Clemente III[88]. Il nuovo pontefice, Pasquale II, mise fine allo scisma, ma decise di rinnovare la scomunica a Enrico IV. Questi, dopo sette anni passati inutilmente in Italia e abbandonato dal figlio Corrado[89], decise di associare nel governo il suo secondogenito Enrico. Ma il rapporto fra i due fu peggiore, tanto che il figlio scelse un momento difficile[90] del padre per prendere il potere, riuscendo persino a farlo prigioniero. Fuggito dalla prigionia, Enrico IV perse la vita poco dopo, il 7 agosto 1106[91].
Erede dell’impero a venticinque anni, Enrico V si era mostrato disponibile a raggiungere un accordo per superare la lotta per le investiture, e dalla sua aveva l’appoggio di Matilde e Pasquale II[92], tanto che quest’ultimo decise di incoronarlo imperatore di Roma. Sulla via del ritorno in Germania, a Bianello, nel maggio 1111, decise di cancellare con una reinvestitura feudale l’atto con cui suo padre aveva privato trent’anni prima, a Lucca, la Contessa di gran parte dei suoi domini[93]. Ella, negli ultimi anni della sua vita, scelse di donare le sue ricchezze non alla Chiesa, ma alle singole chiese e ai monasteri, che avrebbero potuto assicurarle la preghiera e il ricordo, occupandosi anche della loro fondazione e costruzione[94].
Matilde di Canossa si spense a Bondeno di Roncore, nella notte del 24 luglio 1115, per via di una malattia ereditaria, la gotta, che le provocava spesso dolori lancinanti, soprattutto ai piedi, insieme a febbre e ulteriori disturbi fastidiosi[95]. Volle essere sepolta nella chiesa dell’abbazia di San Benedetto Polirone[96], nella cappella di Santa Maria. Nel 1632, il corpo di Matilde fu acquistato da Urbano VIII, che lo fece trasferire in segreto a Roma, chiedendo a Gian Lorenzo Bernini di innalzare per esso un grandioso monumento in San Pietro, in Vaticano[97].
Una donna protagonista della sua epoca
Nel corso dei suoi sessantanove anni, la Gran Contessa fu una donna ardita e potente, erede di vasti domini, che resse per lungo tempo da sola. Fu a capo di uno Stato-cuscinetto fra i domini papali e quelli imperiali, che costituiva una delicata zona di passaggio e confine da Roma alla Germania, e per questo fu contesa da entrambe le parti come alleata. Il momento culminante della sua azione politica fu la celebre “umiliazione di Canossa”, nel corso della quale si fece prima mediatrice fra papa Gregorio VII e l’imperatore Enrico IV[98], e poi fervida sostenitrice del papato. Con il pontefice, Matilde condivideva non solo un’amicizia, ma anche l’ideale di Riforma della Chiesa, per il quale ella aveva sacrificato ogni altro suo interesse[99]. Essendo anche molto religiosa, la Contessa fu definita da Donizone, suo biografo ufficiale: “luce splendente, ardente nel cuore devoto”[100]. Nel Medioevo italiano, comunque, nessuna donna fu protagonista nelle vicende religiose e politico-militari della sua epoca, come Matilde di Canossa, colei che fu “Onore e Gloria d’Italia”[101].
Beatrice Boaretto per www.policlic.it
Riferimenti bibliografici
[1] La lotta ebbe fine solo nel 1122 con il Concordato di Worms, che dispose la separazione fra il potere spirituale e quello temporale.
[2] T. Di Carpegna, Lotta per le investiture e la Chiesa in Italia, in “Academia.edu”, 17/01/2015, link: https://www.academia.edu/12211762/Lotta_per_le_Investiture_voce_del_Dizionario_storico_tematico_La_Chiesa_in_Italia_Roma_Associazione_italiana_dei_professori_di_Storia_della_Chiesa_2015 (ultima consultazione 11/12/2022). Pubblicato in “Dizionario Storico Tematico La Chiesa in Italia”, vol. 1 – “Dalle Origini all’Unita Nazionale”, Roma 2015.
[3] F. Bocchi, Matilde di Canossa. Una donna del Mille, Giunti, Firenze 1990, p. 6.
[4] Quando nacque Matilde, la dinastia dei Canossa (o Attonidi) era al culmine della sua potenza. Ella fu marchesa di Toscana, contessa di Reggio Emilia, Modena, Mantova e Ferrara, e proprietaria di molte terre nel Bolognese, Veronese, Cremonese e Parmense.
[5] Nel 1046 i genitori di Matilde si trovavano quasi sicuramente a Mantova, che era anche la sede del Palatium di Bonifacio di Canossa.
[6] Forse vittima degli arimanni mantovani, che mal sopportavano il potere dei Canossa su Mantova e su di essi.
[7] P. Golinelli, Matilde di Canossa, Salerno Editrice, Roma 2021, p. 30.
[8] Ivi, p. 33.
[9] Cugino di quarto grado.
[10] P. Golinelli, op. cit., p. 33.
[11] C. Frugoni, Donne medievali. Sole, indomite, avventurose, Il Mulino, Bologna 2021, p. 194.
[12] Ibidem. I due, in quanto vassalli di Enrico III, erano anche tenuti a comunicare prima all’imperatore l’intenzione di sposarsi, per avere la sua approvazione. L’imperatore quindi scese in Italia per frenare le intenzioni bellicose di Goffredo, che a suo dire voleva impadronirsi del Regno Italico.
[13] C. Frugoni, op. cit., p. 194.
[14] Matilde la apprese in Lorena.
[15] C. Frugoni, op. cit., p. 195.
[16] Questo secondo Sigeberto di Gemblaux, contemporaneo agli avvenimenti, e il cronista duecentesco Alberico delle Tre Fontane.
[17] C. Frugoni, op. cit., p. 195.
[18] Ibidem.
[19] All’epoca non era ancora un sacramento, ma solo un impegno civile
[20] C. Frugoni, op. cit., p. 195.
[21] Ibidem.
[22] P. Golinelli, op. cit., p. 43.
[23] Il decreto aboliva il privilegio di Ottone I che, nel 962, aveva stabilito che nessun papa poteva essere eletto senza l’approvazione dell’imperatore.
[24] P. Golinelli, op. cit., p. 41.
[25] Ibidem.
[26] C. Frugoni, op. cit., p. 195.
[27] La morte lo colse la Vigilia di Natale del 1069.
[28] C. Frugoni, op. cit., p. 196.
[29] P. Golinelli, op. cit., p. 51.
[30] C. Frugoni, op. cit., p. 196.
[31] Il 19 gennaio 1072 era a Mantova dalla madre.
[32] C. Frugoni, op. cit., p. 196. Nel 1072 Goffredo il Gobbo scese in Italia (rimanendovi quasi un anno) con lo scopo di riconciliarsi con Matilde, portandole un regalo che le sarebbe stato molto caro: una cassettina di reliquie.
[33] Ivi, p. 197.
[34] Per Ragerio (vescovo di Lucca dal 1097, difensore della libertas Ecclesiae e sostenitore della politica di Matilde di Canossa), invece: “Appena (Matilde) conobbe le gioie malvagie della misera carne ne ebbe orrore e subito vergogna”.
[35] C. Frugoni, op. cit., p. 197.
[36] Ivi, p. 198.
[37] Come dimostra una lettera scritta fra il 24 e il 27 settembre 1073 da Enrico IV a Gregorio VII.
[38] C. Frugoni, op. cit., p. 198.
[39] Ivi, pp. 199-200.
[40] Ivi, p. 200.
[41] Dopo essere stato abbandonato da Matilde, Goffredo il Gobbo si trova a Worms per non trascurare gli interessi dei possedimenti da lui ereditati in Lorena.
[42] Il nome di papa Gregorio VII era Ildebrando di Soana.
[43] C. Frugoni, op. cit., p. 200.
[44] La “donna di un altro” era Matilde che, pur avendo abbandonato Goffredo il Gobbo da quattro anni, era ancora formalmente sua moglie.
[45] Pregiudizio misogino, che si fa maggiore quando la donna si avvicina al sacro, luogo di soli uomini.
[46] C. Frugoni, op. cit., p. 200.
[47] Ivi, p. 201. Come i vescovi, anche secondo Bonizone (vescovo di Sutri e ardente sostenitore di Gregorio VII), le donne non dovevano governare, ma nel caso di Matilde di Canossa cambiò registro; egli, infatti, non la vedeva come una donna, per via del suo agire virile. Fu lodata per il suo animo virile anche da Guido I (priore generale dei Certosini): “Matilde dall’abito di donna ma dall’animo su tutto virile”. Fu definita “virago” dal grammatico Giovanni da Mantova, e lodata da Ugo, abate di Flavigny, per la virile costanza con cui seppe resistere a Enrico IV: “Superava perfino gli uomini per fortezza d’animo”.
[48] La scomunica era estesa anche ai consiglieri laici ed ecclesiastici di Enrico IV.
[49] Ventisei titoli di capitoli che sarebbero poi stati estesi in un testo compiuto.
[50] Secondo il Dictatus, la Chiesa romana era infallibile, e il pontefice, solo se eletto canonicamente, non poteva essere giudicato da nessuno.
[51] C. Frugoni, op. cit., p. 202.
[52] P. Golinelli, op. cit., p. 84.
[53] C. Frugoni, op. cit., p. 203.
[54] Ibidem. Il benedettino Lamberto di Hersfeld, sostenitore del papato e degli avversari di Enrico IV, racconta: “[…] trovatosi ad Anversa, venne ucciso per l’imboscata tesa, probabilmente, da Roberto, conte di Fiandra. Una notte, infatti, mentre tutti dormivano, si diresse […] al gabinetto. Una spia che stava in agguato, lo trafisse tra le natiche, e, lasciategli la spada nella ferita, si mise in fuga”.
[55] Ivi, p. 204. Landolfo Seniore accusa Matilde di Canossa di non aver avuto nessun pensiero cristiano per il defunto e sfortunato marito.
[56] Ibidem.
[57] P. Golinelli, op. cit., p. 92.
[58] Fu un inverno dal clima rigidissimo, tanto che il Po ghiacciato divenne una strada.
[59] Assemblea.
[60] P. Golinelli, op. cit., p. 95.
[61] Aveva tenuto a battesimo Enrico IV ed era amico di Matilde di Canossa per il appoggio alla Riforma gregoriana.
[62] C. Frugoni, op. cit., p. 203.
[63] P. Golinelli, op. cit., p. 95.
[64] Ibidem.
[65] Ivi, p. 97.
[66] C. Frugoni, op. cit., p. 205.
[67] Ivi, p. 206.
[68] Ivi, p. 224.
[69] P. Golinelli, op. cit., p. 101.
[70] P. Golinelli, op. cit., p. 120.
[71] Ibidem.
[72] Ivi, p. 122.
[73] C. Frugoni, op. cit., p. 224.
[74] Ibidem.
[75] Ivi, p. 225.
[76] Risiedeva presso l’isola Tiberina, dov’era anche Matilde di Canossa, mentre l’antipapa risiedeva a San Pietro, in Vaticano.
[77] C. Frugoni, op. cit., p. 225.
[78] C. Frugoni, op. cit., p. 225.
[79] Ibidem.
[80] Passato alla Storia come Guelfo il Pingue.
[81] Il cronista Cosma da Praga e Giovanni Villani raccontano anche la delusione dopo le nozze, cfr. P. Golinelli, op. cit., p. 153.
[82] C. Frugoni, op. cit., p. 227.
[83] Sedici anni.
[84] P. Golinelli, op. cit., p. 153.
[85] Ivi, p. 156.
[86] C. Frugoni, op. cit., p. 229.
[87] 29 luglio 1099.
[88] 8 settembre 1100.
[89] Si era fatto incoronare imperatore a Monza ed era protetto da Matilde di Canossa, dalla quale, in seguito, si rese autonomo.
[90] Impegnato contro i Sassoni ribelli.
[91] P. Golinelli, op. cit., p. 209.
[92] Ivi, pp. 210-211.
[93] Ivi, p. 229.
[94] P. Golinelli, op. cit., p. 229.
[95] V. Fumagalli, Matilde di Canossa. Potenza e solitudine di una donna del Medioevo, Il Mulino, Bologna 1996, p. 9.
[96] Abbazia tanto cara a Matilde, alla quale aveva donato, prima del 1099, un Evangeliario miniato, confezionato nello stesso scriptorium di Polirone, che doveva essere posto sull’altare nell’anniversario della sua morte. Donizone, invece, voleva convincerla a farsi seppellire nella chiesa del monastero di Sant’Apollonio, di cui era monaco e dove erano i suoi avi. Per cercare di raggiungere lo scopo, compose un poema, Vita Mathildis (due libri), in onore dei Canossa (primo libro) e della Gran Contessa (secondo libro).
[97] P. Golinelli, Matilde dopo Matilde (1115-2015), in “Academia.edu”, p. 41, link: https://www.academia.edu/27330871/Matilde_dopo_Matilde_pdf (ultima consultazione 20/11/2022).
[98] P. Golinelli, op. cit., p. 9.
[99] C. Frugoni, op. cit., p. 241.
[100] Donizone, Vita di Matilde di Canossa. Complementi alla Storia della chiesa, Jaca Book, Milano 1987, p. 78.
[101] Scritta che campeggia sul sepolcro di Matilde di Canossa in San Pietro, in Vaticano.