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Un tipico “errore di pensiero”, di bias, insito nel comportamento e nel modo di pensare dell’uomo consiste nella cosiddetta percezione lineare del mondo[1]. Secondo questo errato modo di interpretare la realtà, il mondo come lo conosciamo, la società e tutti i suoi svariati risvolti, sono destinati a proseguire verso il futuro mantenendo le proprie peculiari caratteristiche attuali. In altre parole, tendiamo a credere, ad esempio, che solo perché siamo nati e viviamo in un periodo di (relativa) pace globale, questo stato sia destinato a durare per sempre. Analogamente, essendo la nostra attuale società basata su determinati valori, usi, comportamenti e schemi, attuiamo inconsciamente dei meccanismi mentali che ci portano a credere che il tutto proseguirà inesorabilmente sempre verso la stessa direzione. Agiamo, in sostanza, semplificando quanto più possibile le informazioni da far gestire al nostro cervello, creando uno stato stazionario nella nostra mente che ci allontana dall’azione e dal cambiamento, al fine di evitare l’approccio a eventi percepiti mediamente come traumatici a quasi tutti i livelli di significato e realtà. Cambiare casa è impegnativo e l’idea del trasloco ci crea stress; cambiare partner rappresenta un grosso ostacolo emotivo, così come cambiare lavoro, scuola, stile di vita. Questo modo di agire, chiaramente, non fa altro che tenerci su dei binari su cui ci troviamo a viaggiare, ma che non abbiamo costruito noi.
L’utopia di una società diversa
La mancata accettazione di regole imposte, l’intraprendenza o l’innaturale volontà al cambiamento hanno portato, storicamente, vari personaggi a cambiare le regole del gioco comportando epocali cambiamenti nella società, nel pensiero e nello sviluppo tecnologico.
Dalla stampa a caratteri mobili di Gutenberg, alla lotta pacifica di Gandhi, passando per le lotte politiche per i diritti dei nativi sudafricani di Nelson Mandela, fino all’avvento dei social network, i grandi cambiamenti sono caratterizzati da un comune percorso evolutivo che prevede la genesi di una idea, di un nucleo di cambiamento che verrà supportato e osteggiato in tempi diversi e con numeri diversi, fino a diventare uno standard universalmente condiviso. Oggi, infatti, nessuno penserebbe di tornare a stampare un libro a mano né di considerare un nativo sudafricano diverso da un suo conterraneo di origine olandese.
Lo stesso percorso potrebbe toccare all’idea dello statunitense Jacque Fresco di una società basata sull’equa distribuzione delle risorse. Fresco ha ideato e tentato di realizzare un progetto utopistico, il “Venus Project”, consistente nel fondare una società non più basata sulle dinamiche socio-economiche standard (capitalismo, comunismo, ecc.) ma su una nuova forma di distribuzione delle risorse, definendo, appunto, questo modello come Resource Based Economy, cioè “economia basata sulle risorse”. Tale modello prevede che la forza produttiva della società sia garantita dall’automazione e dalla tecnologia e che l’uomo, liberato dal peso del lavoro, abbia come unico scopo quello di godere della vita, di perseguire le proprie passioni e i propri sogni. In questa società, infatti, tutti i beni prodotti vengono egualmente distribuiti tra la gente slegando, quindi, la sopravvivenza dal lavoro.
The Venus Project
Jacque Fresco è stato un futurologo e designer industriale, oltre che guest lecturer presso numerose università di tutto il mondo, attivo nei campi dell’architettura e dell’ingegneria sociale a cui ha destinato la maggior parte della propria energia e creatività. Assieme a alla sua socia, Roxanne Meadows, ha lavorato dai primi anni Ottanta alla realizzazione, presso l’area di Venus, in Florida, di un centro di ricerca in cui studiare un nuovo modello di società basato su concetti e schemi sociali innovativi e rivoluzionari. Secondo Fresco, gli attuali modelli economici sono fallimentari in quanto puntano sulla scarsità delle risorse e giustificano la disuguaglianza delle classi sociali comportando la presenza di realtà estreme e pericolose che vedono un accentramento di ricchezza, quindi potere, nelle mani di un gruppo esiguo di persone e una diffusione della povertà imprescindibile per l’esistenza la ricchezza.
L’idea di Fresco, invece, parte da un assunto diametralmente opposto e cioè che sulla Terra vi sia abbondanza di risorse per poter soddisfare i bisogni di tutti. Nella società utopistica di Fresco le risorse, i beni e i servizi sono egualmente distribuiti a tutti, senza l’utilizzo di denaro, credito, baratto o qualsiasi altra forma di bene dal valore intrinseco.
Scopo del Venus Project è creare una società “tecnocratica” in cui la scienza e la tecnologia siano al servizio degli uomini e il cui costante progresso abbia come unico scopo quello di creare condizioni di pace e sostenibilità ambientale. Secondo le idee di Fresco, questo tipo di società comporterebbe una drastica riduzione, se non addirittura la fine, della criminalità. Un altro pilastro del Venus Project prevede infatti che i concetti di proprietà e bene privato non siano più validi, con un ritorno allo “stato di natura”. L’assenza del concetto di proprietà comporterebbe, di conseguenza, la cessazione della disuguaglianza sociale, dell’invidia e, naturalmente, della criminalità a esse legata. Non ci sarebbe l’esigenza di razziare un territorio per predarne le risorse, di commettere furti o rapine per potersi appropriare di beni altri dal momento che ognuno avrebbe accesso alla stessa quantità, di uguale qualità, di beni e servizi. Anche dal punto di vista politico, il costante equilibrio che Fresco immagina permetterebbe l’assenza di una qualsiasi forma di governo e la sola presenza di una condivisione di valori e diritti inviolabili, mai a rischio in una società perfettamente equa.
Fresco, in definitiva, ritiene che gli attuali modelli economici siano la causa dei comportamenti da lui definiti disfunzionali, enfatizzati dall’avvento dell’automazione che, riducendo il numero dei posti di lavoro, ha comportato il crollo del potere d’acquisto di molti individui.
Resource Based Economy
Discostandosi dai principali sistemi economici odierni, chiave di volta del progetto di Fresco è la Resource Based Economy, cioè quel sistema economico in cui non è il denaro a determinare l’accesso alle risorse.
Il capitalismo, definito da Harari – storico e filosofo contemporaneo tra i più attivi sulle tematiche socio economiche – come “una delle tre grandi narrazioni della realtà assieme a nazionalismo e comunismo”, è il sistema economico maggiormente diffuso nei Paesi occidentali e si basa sui concetti di proprietà privata, di libera iniziativa e di libero mercato[2]. Peculiarità di questa “narrazione” è la possibilità di accumulare capitale mediante il lavoro, inteso esclusivamente come lavoro salariato, che assume il ruolo di mezzo finalizzato alla produzione di ricchezza e non solo al servizio della comunità. Ulteriore aspetto fondamentale per il capitalismo, verso cui il “Venus Project” muove aspre critiche, è la necessità di una crescita costante e illimitata, concezione abbastanza ossimorica se si considera che debba essere in atto in un contesto fisico dalle risorse limitate. Nel capitalismo, definito sempre da Harari anche narrazione liberale, tutta l’autorità si fonda sulla libera volontà degli individui. Si presuppone, quindi, una intrinseca saggezza dell’elettore e della sua espressione mediante il voto[3].
Sul lato opposto si pone invece il comunismo che, sinteticamente, possiamo definire come quel sistema socio-economico in cui mezzi di consumo e di produzione vengono sottratti alla proprietà privata e affidati alla proprietà comune con lo scopo di ridistribuire equamente tra i cittadini i beni e servizi prodotti, in modo da garantire a tutti lo stesso livello di vita. Questa “narrazione” non prevede un’espressione popolare mediante il voto ma una gestione oligarchica del potere politico ed economico.
La “Resource Based Economy” cerca di porsi come un nuovo sistema socio-economico in cui, partendo dal presupposto che vi siano risorse a sufficienza per tutti, i beni e i servizi vengono offerti e garantiti da sistemi completamente automatici ed equamente distribuiti ai cittadini. Un’idea simile a quelle proposte dal comunismo, ma che si discosta da esse per l’assenza di un elemento fondamentale delle società comuniste: il lavoro. Nella Resource Based Economy, infatti, tutti i compiti lavorativi sono assegnati alle macchine, mentre agli uomini è garantita la possibilità di godere pienamente del proprio tempo per perseguire le proprie aspirazioni e alimentare i propri talenti.
Questo tipo di economia e di società, chiaramente, non possono prescindere da un elevatissimo sviluppo tecnologico e non sono applicabili “in ogni tempo”. Mai sarebbe potuto esistere un “Venus Project” nella Roma imperiale, nell’Inghilterra vittoriana né in qualsiasi altro luogo e tempo se non in un futuro, forse prossimo, in cui il progresso nei settori della scienza e della tecnica permetteranno l’esistenza di sistemi automatici che facciano a meno della presenza e dell’intervento umano.
Le città del Venus Project
Come anticipato precedentemente, ambizione del progetto di Jaque Fresco è realizzare le condizioni affinché ogni persona possa esprimere se stessa, liberata ormai dal peso del lavoro e della sopravvivenza. A questo scopo partecipano anche le città, progettate e realizzate affinché siano compatibili con l’ambiente e incoraggino la creatività in ogni sua forma. L’idea è che siano costantemente collegate tra loro in modo da garantire un costante flusso di informazioni che permetta a tutti i cittadini di essere aggiornati in tempo reale su nuovi risultati in campo tecnico-scientifico, su eventi importanti, su manifestazioni artistiche. La città assume quindi un nuovo significato andando a divenire uno strumento nelle mani dei cittadini che possono e devono beneficiarne per raggiungere la propria idea di felicità.
Anche dal punto di vista urbanistico il Venus Project ha immaginato le sue città: circolari, laddove il terreno lo consenta, o di diversa forma e funzionalità per ambienti più ostili; città nel mare che fungano da centri di ricerca e di bonifica dei fondali e delle acque, e città totalmente sotterranee o coperte da cupole artificiali là dove le naturali condizioni atmosferiche siano avverse.
Altro pilastro portante dell’utopia di Fresco è la sostenibilità ambientale. La visione secondo cui la Terra possieda risorse a sufficienza per soddisfare i bisogni di tutti passa attraverso il concetto della sostenibilità ambientale. Le città del Venus Project sono pensate per essere delle infrastrutture “passive”, cioè delle strutture il cui bilancio energetico sia soddisfatto interamente da fonti di energia provenienti da risorse rinnovabili. Impianti solari fotovoltaici e termodinamici, generatori eolici, centrali idroelettriche, osmotiche ed energia geotermica saranno, non più come nella società attuale una alternativa al combustibile fossile, ma le uniche fonti di energia.
Diritti e valori dell’umanità del Venus Project
Sempre più ricerche scientifiche stanno dimostrando l’importanza dell’ambiente, in particolare nei primi anni di età, sullo sviluppo del comportamento e dei valori dell’individuo. Emerge così l’importanza fondamentale di un ambiente favorevole allo sviluppo umano che nel mondo attuale, secondo Fresco, non è garantito a tutti perché in questo spesso le visioni, le concezioni, i comportamenti e i valori legati ai vari aspetti della vita e della società vengono ereditati e infine applicati in una realtà che ormai non esiste più.
Analogo discorso si applica ai diritti, i quali variano in base al luogo geografico in cui nasce un individuo. In Occidente sono diritti acquisiti e garantiti il diritto all’istruzione, alla sanità, al voto, mentre non lo sono altrettanto in altre parti del mondo. Basti pensare al Libano dove, seppur il tasso di scolarizzazione sia, come del resto in tutto il mondo[4], in crescita, circa il 35% dei bambini non ha accesso all’istruzione scolastica.
Il Venus Project fa leva proprio su queste ingiuste differenze per proporre il suo modello di società in cui gli stessi diritti sono garantiti a tutti i cittadini attraverso un’economia basata sulla equa distribuzione delle risorse, su un ambiente favorevole allo sviluppo delle capacità e aspirazioni umane, su elevati standard di vita, il tutto per mezzo anche e soprattutto della tecnologia e dell’automazione al completo servizio dell’uomo. Dalla riduzione degli sprechi alimentari, passando per la lotta all’inquinamento, fino all’auspicata estinzione di ogni tipo di conflitto umano, gli obietti del Venus Project convergono tutti verso un unico fondamentale scopo: la realizzazione del concetto di felicità per ogni uomo.
Si potrebbe obiettare, però, che per qualche individuo la felicità trovi espressione nella violenza o nella prevaricazione. Tuttavia, il modello filosofico su cui si basa l’dea utopistica di Fresco ritine che la violenza, la prevaricazione e la sete incontrollata di potere non siano caratteristiche innate dell’uomo ma solo frutto di un’interazione di questo con un ambiente sociale ostile che ha permesso la genesi e lo sviluppo di questi comportamenti.
Riassumendo, si potrebbe affermare che, nell’ideologia del Venus Project, il progresso tecnologico comporti naturalmente un progresso delle condizioni di vita umane. Tale pensiero, tuttavia, non è stato e non è condiviso in modo unanime. Konrad Lorenz, zoologo premio Nobel per la medicina e la fisiologia, attivo anche come divulgatore nei campi della filosofia, dell’epistemologia e della scienza del comportamento, ritiene infatti una convinzione errata quella secondo cui il progresso debba necessariamente portare a un incremento del valore della vita e un miglioramento delle condizioni dell’esistenza[5]. Lorenz, anzi, ritiene doveroso prendere le distanze dal “pensiero tecnomorfo” secondo il quale solo per il fatto che vi sia la possibilità di sviluppare una certa tecnologia questa allora vada assolutamente promossa immaginando, erroneamente, che ogni sviluppo generi nuovi valori.
Un pensiero interessante è anche quello espresso da Harari, nel saggio “Homo Deus”, in merito al concetto di insoddisfazione. Secondo lo storico Israeliano, la natura umana trae soddisfazione non dall’assenza di problematiche, quali possono essere conflitti armati e crisi economiche, ma, piuttosto, dal vivere un’esistenza che corrisponda alle proprie aspettative[6]. La cattiva notizia, tuttavia, si cela dietro al fatto che al miglioramento delle condizioni oggettive di vita, corrisponde un aumento delle aspettative dell’uomo.
Al momento non ci è dato sapere se l’eventuale sviluppo del Venus Project possa o meno confutare quanto asserito da Lorenz e Harari e liberarsi, quindi, da quel pesante concetto di “utopia” a cui ora è saldamente legato.
Oltre la tecnoutopia, germogli di Venus Project nel mondo
Il Venus Project è un progetto avveniristico, di rottura degli schemi attuali, che cerca di proporre un nuovo modello di città, di società e di vita. Viene naturale chiedersi se rappresenti l’unico tentativo in questa direzione o se vi siano altri progetti che mirano a proporre nuove soluzioni per il miglioramento delle condizioni di vita.
Xiong’an pare si candidi a pieno titolo come alternativa, seppur meno ambiziosa, al progetto di Fresco. La città cinese, che sorgerà nei pressi della capitale cinese Pechino, nella provincia dell’Hubei, è stata progettata dallo studio di architettura Guallart di Barcellona, e si presenta con l’obiettivo di essere “sostenibile e intelligente” con la volontà di considerare l’ambiente non più un elemento da non trascurare, ma addirittura da valorizzare.
La sua economia sarà fortemente basata sul riciclo e sul riuso, puntando a una piena integrazione dei concetti di economia circolare e riduzione degli sprechi. Una fitta rete di trasporti pubblici garantirà collegamenti con le altre aree della Cina e con le aree interne della città stessa rendendo inutile, di fatto, il possesso di una automobile. Dal punto di vista energetico, chiaramente, la città sarà alimentata da energia prodotta unicamente da sorgenti rinnovabili, mission condivisa da un sempre maggior numero di realtà nel mondo.
Una importante differenza con il progetto di Fresco riguarda invece il lavoro. La realtà cinese infatti non mira ad annullare le differenze di ceto e di reddito né, tantomeno, a eliminare il lavoro normalmente inteso, anche in virtù, probabilmente, di una diversa cultura nella quale il lavoro riveste un ruolo da protagonista. Vi saranno servizi e possibilità adeguati e divisi per le diverse fasce di reddito in modo che i benefici nel vivere a Xiong’an possano essere, seppur in modo diverso, goduti da tutti i suoi abitanti.
Lo studio di architettura catalano ha affermato di aver sviluppato l’idea durante il recente lockdown dovuto all’emergenza da COVID-19 e che proprio questa condizione anomala abbia portato i progettisti a immaginare abitazioni autosufficienti in grado di offrire ogni confort anche durante un periodo di isolamento. La possibilità di produrre risorse localmente, l’utilizzo di una connettività globale e del 5G, la presenza di spazi all’aperto e aree dedicate allo sport in ogni casa sono temi, secondo i progettisti di Guallart, che dovranno essere alla base per la progettazione delle città del futuro in modo da non trovarci impreparati nell’affrontare eventuali nuove crisi di qualsiasi natura.
Questo tipo di visione tecnoutopistica sta trovando applicazione in misura sempre maggiore e sono diverse le città nel mondo che, seppur seguendo percorsi diversi, mirano a sviluppare delle realtà in cui il benessere delle persone rivesta un ruolo di primaria importanza. Da Masdar, negli Emirati Arabi uniti, passando per Yokohama, Amsterdam, Friburgo, l’idea di Fresco pare abbia avuto, direttamente o indirettamente, il merito di instillare un germoglio di volontà di cambiamento. Se il Venus Project diverrà realtà o meno è presto per dirlo, ma la sua funzione prototipale è di sicura importanza e di rilevante impatto.
Riccardo Giannone per Policlic.it
Fonti
[1] H.Rosling, Factfulness, Rizzoli 2018 (ebook), cap. 3, “L’istinto della linea retta”.
[2] Y.N. Harari, 21 Lezioni per il XXI secolo, Bompiani 2019 (ebook), cap. 1, “Disillusione”.
[3] Y.N. Harari, 21 Lezioni per il XXI secolo, Bompiani 2019 (ebook), cap. 3, “Libertà”.
[4] H.Rosling, Factfulness, Rizzoli 2018 (ebook), cap. 1, “L’istinto del divario”.
[5] K. Lorenz, Il declino dell’uomo, Mondadori 1983, cap. 1 (ebook), “La fede in un ordine finalistico dell’universo”, par. “L’illusione del cosiddetto progresso”.
[6] Y.N. Harari, Homo Deus, Bompiani 2015, cap. 1 (ebook), “Il nuovo programma dell’umanità”, par. “Gli ultimi giorni della morte”.