Policlic 14
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Policlic 14
Prologo: La rivoluzione dimenticata[1]
Quando si parla di rivoluzione scientifica ci si riferisce, generalmente, al famoso sconvolgimento culturale che, a partire dal Rinascimento, portò nel mondo occidentale un nuovo modo di vedere e interagire con la realtà, dalla teoria eliocentrica alla forza di gravità. Ciò che è meno noto, soprattutto a causa di un certo oscurantismo didattico, è il fatto che questa rivoluzione non sia affatto nata dal nulla, ma abbia invece attinto a piene mani da conoscenze nate in un periodo molto più lontano e, per molti versi, dimenticato. Infatti, tra le pagine della storia che si studia sui banchi di scuola, vi è da sempre un grande vuoto, un’ancella dei gloriosi tempi antichi fin troppo sminuita: il periodo ellenistico. Per molti versi si potrebbe dire che senza queste fonti, che erano ben note ai filosofi naturali vissuti tra il ‘500 e il ‘700, probabilmente non si sarebbe arrivati a moltissimi risultati e, forse, Leonardo Da Vinci non avrebbe disegnato le sue macchine straordinarie, Copernico non avrebbe sviluppato la sua teoria eliocentrica, oppure Vesalio non avrebbe indagato i segreti del corpo umano con la stessa lungimiranza.
Il risultato è stato da una parte che i più credono che la scienza sia nata in quello che, non a caso, è detto “Rinascimento scientifico” e dall’altra che fino al XIX secolo la civiltà che ci ha dato la scienza non era considerata neppure degna di un nome: si trattava semplicemente di un “periodo di decadenza” della civiltà greca.[2]
In questo contesto storico così fortunato operarono scienziati che ancora oggi esercitano una influenza importantissima, tra i quali possiamo nominare alcuni dei più celebri, come Archimede, Euclide, Erofilo, Ctsebio, Aristarco o Eratostene. Archimede sviluppò teorie nei campi della statica, delle scienze matematiche e della fisica, utilizzando il metodo scientifico in modo sapiente, attraverso una commistione di esperimenti e concetti teorici (tutti da lui ideati). Erofilo e i suoi allievi, fondatori della neurofisiologia, furono capaci di comprendere l’anatomia umana su tutto un altro livello, molto vicino a quello moderno, specialmente grazie alla dissezione di cadaveri. Ctsebio, come anche Archimede, inventò macchine capaci di compiere operazioni impensabili per i filosofi greci (ad esempio Aristotele)[3]. Aristarco è invece colui che permise, molti secoli dopo, la teoria copernicana[4], grazie ai suoi studi, alle sue astrazioni delle sfere e alle teorie sugli epicicli[5], mentre a Eratostene si devono le accuratissime misure terrestri attraverso triangolazioni e coordinate spaziali[6].
Ma se molte conoscenze scientifiche erano ben note già nel III secolo, perché si sono perse? E perché ci è voluto tanto a recuperarle? Entrambe le domande aprono prospettive inedite sulla rivoluzione scientifica del ‘600. Le spiegazioni delle ragioni che portarono alla formazione di questo straordinario sconvolgimento culturale le lasceremo a Lucio Russo, che le ha raccontate molto chiaramente nel suo libro[7], mentre in questa sede ci concentreremo piuttosto sull’inquadrare le cause che prima portarono alla caduta e, alla fine, all’oblio della rivoluzione ellenistica.
Ed effettivamente nell’oblio sono relegate oggi gran parte delle conoscenze diffuse in quel periodo, i cui protagonisti sono ridotti a poco più che figure macchiettistiche, di cui si ricordano sconclusionati “eureka” e aneddoti umoristici. Partendo dal presupposto che le cause che portarono alla decadenza della cultura scientifica e quelle che la cancellarono quasi interamente sono in parte diverse, cominciamo comprendendo le prime. Infatti, a decretare la fine di questa rivoluzione scientifica furono soprattutto le lunghe guerre tra Roma e gli stati ellenistici[8], che costituirono un serio ostacolo all’attività scientifica. La fine dell’ellenismo precede notevolmente il 31 a.C., in quanto già nel 212 a.C.[9] si verificò il saccheggio di Siracusa, con l’uccisione di Archimede, per proseguire con la rapida e spregiudicata conquista del mediterraneo da parte dei romani. Quando infine, dopo numerose guerre e popolazioni rese schiave, si giunse al 146 a.C., con la distruzione di Cartagine e Corinto e la conquista della Grecia, l’egemonia romana era ormai totale. Neanche l’Egitto fu risparmiato, vedendo l’occupazione del trono da parte di Tolomeo VIII, che inaugurò il suo regno con una feroce persecuzione della classe dirigente greca[10].
Dispersi gli scienziati, distrutte le biblioteche e interrotto il rapporto di trasmissione orale tra maestro e allievo, fu impossibile riprendere la ricerca scientifica[11]. Tuttavia, abbiamo detto prima che la rivoluzione del ‘600 si basò fortemente sulle premesse del passato, e dunque molti scritti devono essere stati tramandati dopo la caduta dei regni ellenistici. Ma se per tutto il tempo che è intercorso tra il III secolo e la rivoluzione moderna queste fonti erano disponibili, perché c’è voluto così tanto per capire cosa avessero scoperto gli antichi? La risposta si trova nel metodo scientifico:
Il metodo scientifico […] si basa sull’osservazione e sulla sperimentazione, sulla misura, sulla produzione di risultati per generalizzazione (induzione) e sulla conferma di tali risultati attraverso un certo numero di verifiche.[12]
Il metodo e la capacità di sintesi scientifica[13] degli ellenisti erano per i Romani, società prescientifica, totalmente sconosciuti e dunque la maggior parte dei percorsi logici che portavano ai risultati incredibili delle teorie ellenistiche, impossibili da comprendere: questa interpretazione delle fonti portò a un vero e proprio seppellimento della scienza sotto strati di speculazioni, superstizioni e, infine, nuovi risultati pseudoscientifici. A partire da Plinio, Seneca, Vitruvio, fino ai famosissimi (quanto meno nel medioevo) Galeno e Tolomeo, vi fu una totale riscrittura dei percorsi logici, ormai lontanissimi dalle raffinate costruzioni teoriche degli antichi scienziati, seppure mantenendo parti delle antiche teorie (a volte risultati, altre volte dimostrazioni teoriche riproposte nella realtà).[14]
Nei secoli che servirono alla società occidentale per riappropriarsi di questi antichi concetti e strumenti molto fu detto, scritto e ipotizzato, al di fuori della dimensione scientifica, ma una straordinaria convergenza di fattori (eccezionali come quelli che portarono alla rivoluzione antica) resero di fatto inevitabile una nuova, inarrestabile e diffusissima rivoluzione: la rivoluzione scientifica moderna.
I primi passi della rivoluzione moderna
Come già detto il metodo scientifico, già in età imperiale, era uno strumento sconosciuto e, di conseguenza, i testi degli intellettuali ellenisti risultarono indecifrabili e oscuri, e per questo furono mal tramandati.[15] Nonostante alla metà dell’VIII secolo d.C. vi fu un parziale ritorno alle fonti antiche nell’avanzatissimo mondo islamico e, nell’Europa del XIII secolo, vi fossero personaggi degni di nota come Bacone[16], Grossatesta o Villard de Honnecourt[17], ciò che principalmente giunse, alle porte del Medioevo in occidente, furono le tesi di quei personaggi antichi di cui si erano tramandate le fonti, i cui contenuti vennero ricombinati tra loro, con un forte riferimento ai padri della Chiesa e al misticismo. Questi nuovi paradigmi “scientifici” influenzarono notevolmente la cosmologia (ampiamente ripresa in Dante, per esempio) e la medicina, diventando nel corso del tempo dei dogmi essenziali per la cristianità. La scolastica medievale, le università e l’egemonia culturale ecclesiastica facilitarono enormemente il sedimentare di alcuni concetti e idee, i cosiddetti “ostacoli epistemologici”[18], che però resero estremamente difficile l’emancipazione del pensiero di quei filosofi padri della scienza moderna.
La svolta arrivò con alcuni eventi storici che può essere utile fissare, per esempio: l’avvento della stampa, nel 1450, che portò già intorno al 1500 a 20 milioni di libri stampati[19] in tutta Europa, oppure lo stravolgimento della cristianità operato, nel 1517, da Martin Lutero con le sue 95 tesi. Quest’ultimo evento, cui seguì il Concilio di Trento[20], cambiò drasticamente le possibilità di sperimentazione e libertà di espressione che avevano connotato il clima rinascimentale[21], nel quale si era potuto giovare di un notevole sviluppo, soprattutto grazie alla ricomposizione delle fonti antiche.
Infatti, dopo la caduta di Costantinopoli nel 1453, l’occidente vide un flusso massiccio di intellettuali e di opere, proveniente dall’Impero bizantino ormai caduto, che permise agli occidentali di entrare in contatto con le antiche conoscenze greche e di fonderle con le tecniche presenti nelle botteghe medievali, tramandate in segreto e solo oralmente. Fu proprio grazie alla riscoperta di materie come l’ottica, l’anatomia e la meccanica che le arti e l’architettura videro una rinascita e un avanzamento tecnico straordinario.[22]
Tra i moltissimi che animavano lo spirito rinascimentale, in un ambiente in cui si condividevano le stesse idee e prospettive, emerge tra tutti Leonardo da Vinci, il quale fu catturato da quelli che oggi sappiamo essere testi che venivano copiati e fatti circolare da secoli in oriente, con disegni o spiegazioni di tecnologie complesse e per lo più dimenticate.[23] Con la maggiore circolazione di idee e tecnologie iniziano a diffondersi nuove tecniche belliche, nuove armi, ma non solo.
Gli intellettuali rinascimentali raramente erano in grado di capire le teorie scientifiche ellenistiche, ma, come bambini intelligenti e curiosi che entrano per la prima volta in una biblioteca, erano attratti da singoli risultati e in particolare da quelli illustrati nei manoscritti con disegni, come le dissezioni anatomiche, gli ingranaggi, le macchine pneumatiche, la fusione di grosse opere in bronzo, le macchine belliche, l’idraulica, gli automi, la ritrattistica “psicologica”, la costruzione di strumenti musicali.[24]
Anche se il sorprendente progresso tecnico e artistico era già una sorta di riappropriazione scientifica delle antiche conoscenze perdute, oltre che una rivalutazione delle arti tecniche e ingegneristiche, quella descritta finora non era ancora una esperienza culturale che padroneggiava il metodo scientifico, non era in grado di formulare nuove teorie entro cui evolvere. Fu con Copernico che si vide il primo grande ripensamento della realtà, il primo grande superamento delle teorie cosmologiche medievali e il primo passo verso una riappropriazione di un pensiero critico scientifico. Il complicato quadro cosmologico medievale vedeva una mescolanza di fisica aristotelica[25], di astronomia e astrologia tolemaica, inserita in una cosmologia che univa elementi mistici originari del pensiero neoplatonico con la teologia dei Padri della Chiesa e dei filosofi della Scolastica.
La rivoluzione moderna
Da Tolomeo a Copernico
Fu questa complessa costruzione di idee e tradizioni che Copernico iniziò a distruggere. Lo fece attraverso una profonda e radicata rivoluzione che, grazie a concetti che per noi oggi risultano quasi banali, aggrediva la più importante istituzione del Medioevo, in un periodo in cui le ferite dell’eresia protestante erano ancora fresche. Ciò che Copernico, e in seguito Tycho Brahe, Cartesio, Keplero e Galilei, andarono a smontare, erano le basi della cosmologia: cielo e terra non erano divise in due sfere, né una era soggetta al divenire mentre l’altra no; i moti celesti non erano più necessariamente circolari e la terra non era né centrale né immobile; l’universo non era più finito e i movimenti non dipendevano da un motore divino[26]. Ma cosa affermava Copernico? Riprendendo la teoria eliocentrica di Aristarco, nel De revolutionibus orbium caelestium, Copernico contradisse uno dei dogmi centrali del pensiero comune e superò, allo stesso tempo, anche la concezione aristotelica della gravità[27]. Non bisogna pensare, tuttavia, che la sua opera si limitasse a una banale riproposizione di un pensiero antico. Copernico, infatti, fece molto di più: analizzando l’Almagesto di Tolomeo ne prese essenzialmente l’algoritmo utilizzato per i calcoli celesti e fu in grado di superare sia la mancanza di indicazioni su come elaborarlo, sia di interpretarlo, ripulendolo degli errori che aveva accumulato in quattordici secoli. Attraverso questa straordinaria operazione riuscì a elaborare lui stesso un algoritmo, basato su un sistema di epicicli, per calcolare il moto apparente dei pianeti.[28]
Affermando l’eliocentrismo, tuttavia, Copernico sembrò mettersi in diretta opposizione a Tolomeo, scatenando essenzialmente una battaglia culturale non solo contro questo antico pensatore, ma anche contro la Chiesa. Infatti, Tolomeo era ormai diventato il nome dietro al quale si avvalorava tutto il sistema culturale Europeo, dalle università alla Chiesa, trasformando quella che di base doveva essere una rivoluzione del pensiero in una battaglia ideologica contro le istituzioni più importanti d’occidente.[29] Inoltre, bisogna sottolineare un fatto storico importante: coloro che si espressero ferocemente contro le teorie copernicane, come Lutero o Tolosani[30], non ritenevano le evidenze scientifico-sperimentali superiori alla teologia, ma anzi proprio il contrario. La teologia, infatti, offriva al cosmologo una descrizione della struttura fisica dell’universo e nessuna scienza poteva essere in contrasto con la teologia.
Come sappiamo non fu Copernico, che morì nel 1543, ad affrontare le ripercussioni di questa violenta rivoluzione del pensiero e, tra i suoi sostenitori, ricordiamo in particolare un illustre caduto e pensatore del tempo, ossia Giordano Bruno[31]. Nonostante non sia stato fondamentale come Copernico nello sparare dritto al cuore ideologico del periodo, fu un forte sostenitore delle ipotesi copernicane, sempre in fuga per le sue idee, per le sue polemiche e per il suo carattere. Bruno fu un pensatore e un filosofo controcorrente, che subì nel 1592 una decisiva – perché non prima – accusa di eresia, per la quale fu arrestato, processato e infine, dopo otto anni, arso vivo a Roma, in campo dei Fiori[32].
Il superamento del sistema Copernicano: da Tycho Brahe a Keplero
In molti rifiutarono il sistema copernicano, per quanto la sua straordinaria coerenza fosse difficile da ignorare, ma allo stesso modo molti ne caldeggiavano la diffusione. Questo, tuttavia, non fu il caso di Tycho Brahe, il quale rivoluzionò e incrinò ulteriormente la tradizione, pur rifiutando tanto il sistema tolemaico quanto quello copernicano.[33] Infatti, anche se Copernico era riuscito a comprendere la natura di certi fenomeni, integrando osservazioni empiriche e matematico-pitagoriche, non aveva ancora prodotto un sistema privo di errori e aveva lasciato ancora alcuni aspetti da chiarire. Brahe, anche se rifiutò il concetto di movimento della terra, fu un attento osservatore del cielo e, grazie a queste osservazioni, riuscì a demolire un altro importante tassello teologico, ossia quello dell’incorruttibilità dei cieli.
Le comete non seguono la legge di nessuna sfera, ma agiscono ”in contraddizione con esse”. La macchina del cielo non è un ”corpo duro e impenetrabile, composto di sfere reali, come fino a questo momento si è creduto da molti, ma il cielo è fluido e libero, aperto in tutte le direzioni, tale da non apporre alcun ostacolo alla libera corsa dei pianeti che è regolata, senza alcun macchinario né rotolamento di sfere reali, in accordo alla sapienza regolatrice di Dio”. Le sfere ”non esistono” realmente nei cieli, ”vengono ammesse solo a beneficio dell’apprendimento”.[34]
Anche se nel sistema ticonico venivano concettualmente rifiutati Copernico e Tolomeo, tuttavia la Terra era ritenuta immobile (come nel sistema tolemaico) e al centro delle orbite della Luna e del Sole, mentre al centro delle orbite degli altri cinque pianeti (Mercurio, Venere, Marte, Giove, Saturno) vi era il Sole, con un movimento che, dal punto di vista dei calcoli, era in tutto equivalente a quello copernicano e ne conservava tutti i vantaggi matematici. Tycho Brahe, che riuscì a fuggire alla censura, può essere di buon diritto ritenuto uno dei fattori che portarono all’abbandono del sistema tradizionale.[35]
A prendere le redini del lavoro iniziato da Brahe fu il suo allievo, Johannes Kepler, il quale riuscì, attraverso una sintesi tra fenomeni naturali, mistico-matematico, a rivoluzionare le posizioni copernicane e non solo. Contemporaneo di Galileo, il quale non lo vide positivamente, rifiutando qualsiasi tipo di rapporto, Keplero riuscì a determinare la natura ellittica delle orbite planetarie e le leggi del moto su di esse, abbandonando la teoria del moto circolare dei pianeti e con essa il pregiudizio della superiorità e perfezione di questo moto.[36]
Keplero ricavò queste leggi in modo del tutto empirico, grazie alle precise osservazioni eseguite per lunghi anni da Brahe, ed ebbe l’idea geniale di cambiare il sistema di riferimento, stabilendo come centro immobile il sole, piuttosto che la terra.[37] Alla fine, tracciando per punti successivi l’orbita di Marte intorno al Sole, riuscì a definire (dopo averla dapprima scambiata per un’ovale) un’ellisse in cui il Sole occupava un fuoco e, contemporaneamente, a formulare la legge per la variazione del movimento del pianeta nelle differenti parti della sua orbita. In sostanza, la prima legge definiva la traiettoria descritta da ogni pianeta, tra cui la terra, e la seconda la velocità con cui esso si muove sulla sua orbita. Da queste scoperte ci vollero ancora dieci anni di osservazioni e fatica per elaborare la terza legge, la quale determinava, tra i diversi pianeti, un legame che permette di stabilire le loro distanze dal Sole, quando tale distanza sia conosciuta per uno qualunque di essi.[38]
Della narrazione delle scoperte di Keplero, che fu estremamente prolifico anche in campi come quello dell’ottica, è molto interessante notare l’elasticità di pensiero che lo portò, ispirato dagli studi sul magnetismo, dall’immaginare un sole dotato di un’anima aristotelica, a un sole dotato di una “forza”[39] attrattiva.
Nonostante fosse imbevuto di misticismo Platonico, la sua “modernità” è innegabile, sia perché ricercava la spiegazione delle misteriose forze che animano i movimenti nello spazio attraverso metodi matematico-deduttivi, sia perché riuscì ad abbandonare il punto di vista animistico aristotelico in favore di una prospettiva di tipo meccanico.[40]
Contemporaneo a Keplero, ma di altre vedute filosofiche, fu il filosofo naturale italiano Galileo Galilei, a cui si devono numerosi contributi scientifici, a partire dallo sviluppo di un personale metodo deduttivo-induttivo, alla costruzione di numerosi strumenti per indagare i fenomeni, fino alla definizione di teorie personali su molti aspetti della realtà.
La rivalutazione dell’empirismo e delle tecnologie meccaniche: Galileo e le nuove scienze
Le osservazioni astronomiche e la teoria del moto di Galileo Galilei furono tra le più determinanti nell’affermare una nuova concezione del cosmo e della scienza, radicalmente differente da quella tradizionale. Galilei sostenne, con argomenti di carattere fisico, la verità del sistema copernicano e pose in modo nuovo l’idea di una filosofia più vicina alla scienza moderna. Nel 1610 Galileo pubblicò il Sidereus Nuncius, le cui osservazioni dello spazio furono supportate dall’utilizzo di un cannocchiale, da lui costruito solo un anno prima. La sua personale visione del rapporto tra filosofia e scienza fu in grado di ridisegnare i rapporti dell’uomo con la natura e con Dio, facendo emergere nuove verità dai dati raccolti.[41]
Galileo, raccontato attraverso gli scritti di Viviani, viene descritto come un uomo pratico: si narra infatti che tra il 1589 e il 1592 salì in cima alla Torre di Pisa per confutare Aristotele e dimostrare che i corpi cadono, indipendentemente dal loro peso, alla stessa velocità[42]. Nel trattato De Motu, scritto intorno al 1591, Galileo, pur facendo frequente riferimento alle torri, aveva erroneamente concluso che corpi di dimensione diversa, ma dello stesso materiale, cadono alla stessa velocità, mentre corpi della stessa dimensione, ma di diverso materiale, non cadono alla stessa velocità.
Si può intuire, anche grazie a questi esperimenti, che l’ambiziosissimo obiettivo scientifico di Galileo era stato il recupero, dopo tanti secoli di abbandono, del metodo scientifico ellenistico, consistente nell’elaborazione di sistemi ipotetico-deduttivi in cui inquadrare i fenomeni naturali. Lo spirito critico di Galileo gli fa individuare con chiarezza i propri modelli nel mondo antico (Archimede, Apollonio, Euclide), senza che la sua evidente ammirazione sconfini in reverenza per una “Antichità” indifferenziata: Galileo non esita infatti a dissentire sia da Aristotele sia da Tolomeo. Galileo riuscì in effetti a riprendere dai suoi lontani maestri sia il metodo sperimentale sia il metodo dimostrativo, ma non i più raffinati strumenti matematici ellenistici.[43]
Dal 1543 in poi, in molti avevano preso attivamente parte alla rivoluzione, imbracciando le armi del sapere e aprendo brecce nel pensiero tradizionale: in questa sede abbiamo ricordato finora solo alcuni degli esponenti, i più noti e studiati, ma per arrivare alla concezione odierna di scienza ci fu bisogno della partecipazione di molte altre menti, di altre tecnologie e di una graduale spinta culturale.
Infatti, la rivoluzione non riguardò solo la cosmologia, ma ebbe importanti risvolti anche nelle scienze biologiche e naturali. Sempre nel 1543 il pioniere dell’anatomia, lo scienziato fiammingo Andreas Vesalio, pubblicò De Humani Corporis Fabrica dopo aver dissezionato dei cadaveri per ricercare i segreti del corpo umano. Scardinando le tradizionali speculazioni magico-umorali in voga nel medioevo, Vesalio, come gli altrettanto autorevoli Falloppio e Cesalpino, abbandonò la tradizione di Galeno (così come Copernico aveva fatto con Tolomeo), intuendo come la conoscenza non potesse prescindere la dissezione, soprattutto grazie al recupero di fonti antiche come Erofilo.[44] Poco meno che un secolo dopo, nel 1628, l’anatomista inglese William Harvey[45] indagò su valvole e camere del cuore, rivelando come questo pompasse il sangue in tutto il corpo umano.
Nel campo delle scienze naturali il primo grande traguardo fu segnato tra il 1551 e il 1558, grazie alla pubblicazione di Historiae Animalium del naturalista svizzero Konrad Gessner.[46] Qui, in questo trattato enciclopedico di 4.500 pagina, venivano descritte dettagliatamente le caratteristiche di animali e fossili attraverso disegni e descrizioni. Più di un secolo dopo, nel 1665, la realtà veniva osservata sotto il microscopio, dallo scienziato inglese Robert Hooke, che osservò gli insetti, le piante e il sughero, per poi pubblicare le sue scoperte in Micrographia: fu proprio lui che, osservando la più semplice unità di vita, decise di chiamarla “cellula”.[47] Dalla biologia si passa dunque alla microbiologia, e fu proprio per approfondire questo nuovo campo che Antonie van Leeuwenhoek [48]creò più di 500 microscopi e li usò per studiare l’anatomia delle piante e la riproduzione animale, per arrivare, nel 1676, a diventare la prima persona a osservare i batteri. Ancora più straordinarie furono poi le teorie sull’“invisibile”, cioè sul misterioso e astratto mondo degli atomi che, da Democrito fino a Bernulli, vide continui sconvolgimenti e modifiche.[49]
Intanto, con l’avanzare degli studi e della pratica, ingegneria e metodo evolvono inesorabilmente, intrecciandosi e supportandosi: nel 1593 Galileo inventa una prima forma di termometro, con il quale riesce a rilevare e indicare variazioni di temperatura e nel 1610 progetta un telescopio, sulla base dei disegni che circolavano già da una decina d’anni, e lo usa per studiare il Sole e pianeti. Più tardi, nel 1643, l’italiano Evangelista Torricelli inventa il barometro, un dispositivo che rilevava la pressione atmosferica e che, quindi, smentiva la credenza che l’aria fosse senza peso.[50]
Mentre lo stesso Galilei elaborava il suo metodo deduttivo-induttivo, allo stesso modo, nel 1620, lo scienziato inglese Francis Bacon esponeva, nel suo Novum Organum Scientiarum, la tesi secondo cui gli scienziati avrebbero dovuto raccogliere dati da esperimenti e osservazioni. Nel 1637, il filosofo francese René Cartesio sosteneva che le persone avrebbero dovuto interrogarsi sulle cose che ritenevano certe e, con il dubbio, ricercare la verità. Infine, nel 1662, re Carlo II istituiva la Royal Society, grazie alla quale si incominciò un prolifico scambio di idee e teorie tra gli scienziati.[51]
Newton e la nascita della fisica classica
In questo convulso clima di scoperte e avanzamento teorico e tecnologico si collocava quello che ancora oggi è ritenuto il padre della fisica classica: Isaac Newton. I suoi studi a Cambridge gli permisero di investigare personaggi come Aristotele, Copernico, Keplero, Galileo e Cartesio, e bisogna tener presente che nulla di quel che è stato detto e fatto da Newton sarebbe stato possibile senza il loro precedente contributo.
Newton[52], fisico, matematico e astronomo inglese, fu, insieme a Leibniz, il fondatore del moderno calcolo infinitesimale. Nel 1666 scoprì la legge di gravitazione universale e, nel 1687, rese edito Philosophiae naturalis principia mathematica in cui il presupposto metodologico era la riduzione dei fenomeni del movimento a dati quantitativi e misurabili. Riesce a formulare delle leggi del moto (principio d’inerzia, principio di composizione delle forze, principio di uguaglianza dell’azione e reazione) che funzionano, utilizzando un metodo diverso rispetto a Galileo e Cartesio. Grazie allo schema della legge gravitazionale, che si configura come la legge suprema dell’universo, Newton è in grado di inquadrare e spiegare un’amplissima serie di fenomeni, dando finalmente unitarietà e coerenza al sistema copernicano e riuscendo anche a risolvere una gran quantità di questioni fisiche e astronomiche rimaste fino ad allora senza una risposta adeguata (fra le altre, la spiegazione dei fenomeni delle comete e la teoria delle maree).[53]
Non bisogna cadere nell’errore, tutto illuminista, di epurare la figura di Newton dai suoi presupposti culturali: era un personaggio singolare, dentro cui si univano elementi della più varia provenienza, dalla metafisica razionalistica alla concezione atomistica moderna, ma anche il platonismo, l’aristotelismo, una profonda visione mistica e la tradizione alchemica. Nonostante questo accumulo di conoscenze e credenze, spesso in contraddizione, bisogna però sottolineare la sua definizione del metodo scientifico la quale, riprendendo per certi aspetti l’intreccio galileiano di induzione e deduzione, consisteva in una sintesi fra indagine sperimentale, considerata come la base della ricerca, e ragionamento matematico. La matematica, però, a differenza di quanto avveniva in Galileo, era vista non tanto come specchio ed espressione dell’essenza del reale, quanto come uno strumento, un linguaggio che permetteva di ricavare dai fenomeni le leggi che li regolavano. Anche Newton, come i suoi predecessori, non poté non tenere conto delle fonti antiche, le quali in qualche modo legittimarono ed elevarono le sue teorie a scientifiche: infatti, nonostante la metodologia fosse, nella teoria, ottima, risultava debole nell’azione dimostrativa e, a sostenere tutto l’impianto da lui costruito, fu piuttosto la coerenza di elementi che dovevano avere una origine comune. Le affermazioni genuinamente aristoteliche, di scarso rilievo scientifico, pur se inserite da Newton sin dall’inizio dell’opera, non potevano, per esempio, alterare le dimostrazioni di teoremi sulle coniche effettuate seguendo il modello di Apollonio. [54]
Come emerge bene dai suoi testi, Newton era ben consapevole dell’importanza delle conoscenze tramandate dall’antichità, ma l’uso di fonti non scientifiche, unito al suo atteggiamento ideologico, gli impedì di riconoscerne l’origine nella scienza ellenistica, adducendola piuttosto ad una verità originaria insita nelle tradizioni esoteriche di classi sacerdotali e sette religiose[55]
Rivoluzioni in divenire
Da Newton ad oggi molto si è teorizzato e molto è cambiato, superando dapprima il limite di un sistema sempre in bilico tra magico e scientifico, acquistando un metodo vero, che desse concretezza alle ipotesi avanzate dagli studiosi, e poi perfezionando questo stesso metodo, attraverso sistemi di controllo (confutazione delle tesi) adottati in modo uniforme da un’intera comunità[56]. . L’evoluL’illuminismo ha portato alla ribalta la cultura scientifica e positivista, dando a ogni specifico settore delle scienze un suo indirizzo e abbandonando così il concetto di filosofia naturale generalizzata del Seicentozione tecnico scientifica è esplosa poi di pari passo con quella industriale, non solo come supporto alle nuove tecnologie produttive ed energetiche, ma anche nello sviluppo di materiali per le architetture e le infrastrutture, nel ramo della medicina e in quello della fisica teorica, della chimica e così via. Infine, un contributo essenziale arrivò proprio nel ‘900 dalla filosofia, che con Popper[57] ridefinisce completamente il modo in cui si poteva dimostrare o confutare una teoria. Fino ad allora aveva avuto una gran fortuna la “verificabilità”, perciò, fintanto che un’ipotesi risultava sperimentalmente verificata poteva dirsi vera: con Popper questo viene smentito e si stabilisce un nuovo metodo di indagine, la “falsificabilità”. Questo, che presupponeva una sostanziale asimmetria tra verifica e falsificazione, stabiliva che per quanto si potesse ripetere un esperimento e per quanto potesse risultare vero, sarebbe bastato che risultasse soltanto una volta falso per invalidarlo. Ancora oggi, nel 2021, per indagare un’ipotesi, un bravo scienziato tenta in tutti i modi di smontare la sua stessa tesi, prima di provare a verificarla.
Ma fu soltanto alle porte del XX secolo che ci si trovò di nuovo di fronte a una rivoluzione, completamente diversa dalle precedenti, ma altrettanto straordinaria: la fisica classica venne colpita proprio nel cuore del suo sistema, poiché a essere messa in dubbio fu la gravitazione universale di Newton. Proprio da Einstein[58] comincia questa nuova rivoluzione, dove la meccanica di Newton inizia a sgretolarsi prima sotto il peso della teoria della relatività (seguita dalla relatività generale), con una completa revisione del concetto di gravità e di spazio[59], e poi crolla definitivamente[60] squassata dalle implicazioni della nuova meccanica quantistica. Proprio quest’ultima è la ragione per cui oggi utilizziamo cellulari e computer, per cui possiamo avere un avanzamento tecnologico senza precedenti: queste magiche e portentose equazioni fanno parte del lavoro quotidiano di fisici, ingegneri, chimici e biologi, nei campi più svariati. La teoria dei quanti è un organismo complesso, lontanissimo dal modo in cui la realtà ci appare, ma infinitamente precisa nel descrivere ciò che non possiamo vedere. Eppure, siamo ancora lontani dal comprenderle interamente, ci sono tante questioni che ancora oggi vanno spiegate e chiarite[61].
In conclusione, dopo questa sommaria overview sulla storia delle rivoluzioni scientifiche, si potrebbe aprire una piccola parentesi sullo stato della scienza oggi e su come questa sia recepita dai non addetti ai lavori: ciò che la scienza ci ha dato, finalmente guidata e affiancata da un valido metodo scientifico, sono strumenti e mezzi straordinari, come internet, che ci permettono di informarci e informare continuamente. Tuttavia, soprattutto negli ultimi anni, questi strumenti hanno dato voce a tutti in qualsiasi materia (diversamente dal passato, dove a essere pubblicate erano solo informazioni specifiche e controllate) e si sono rivoltati contro la scienza stessa, diventando veicoli di disinformazione, complottismo e ignoranza, tutto a causa di una generale mancanza di conoscenza del corretto modo di fare ricerca. Inoltre, sebbene oggi la comunità scientifica sia forte, coesa e in sempre maggior fermento, esiste il serio rischio, dato dalla commistione attuale tra ricerca e consumismo, di perdere di vista ciò che realmente dovrebbe spingere l’impulso del progresso: la curiosità. Infatti, ciò che deve preoccuparci oggi non è solo la possibilità di perdere i nostri progressi scientifici, ma la nostra stessa umanità, poiché a renderci umani è soprattutto il primigenio impulso di interrogarci e di indagare sulla realtà, non per un guadagno concreto, ma per la pura ricerca della verità. Quando questo impulso smetterà di guidarci dovremo anche ridefinire noi stessi, poiché non saremo più uomini e donne, ma altro.
Silvia Curulli per www.policlic.it
Riferimenti bibliografici
[1] Titolo ripreso dall’omonimo libro di Lucio Russo: L. Russo, La rivoluzione dimenticata, Feltrinelli editore, 2021, edizione digitale.
[2] L. Russo, Op. cit, p. 11.
[3] L. Russo, Op. cit, pp. 40-121.
[4] “La teoria eliocentrica di Aristarco fu ripresa per primo da Copernico nel De revolutionibus orbium caelestium (pubblicato postumo nel 1543). La dipendenza di Copernico da Aristarco era del tutto evidente ai contemporanei”, L. Russo, Op. cit, p. 426.
[5] “In astronomia, si designa con tale nome un cerchio, sul quale si suppone muoversi un pianeta di moto uniforme […]. Furono usati dagli astronomi antichi, che precedettero Keplero, allo scopo di ridurre a moti circolari uniformi le apparenze di moto, spesso assai irregolari, dei pianeti sulla volta stellata.”, E. Bianchi, Epiciclo, in Enciclopedia Italiana, 1932, https://www.treccani.it/enciclopedia/epiciclo_%28Enciclopedia-Italiana%29/ (consultata il 22/07/2021).
[6] Le sue tecniche furono oscure e incomprensibili a tutti per molti secoli, persino per tutto il Seicento e per parte del Settecento non furono interamente comprese, così da non permetterne la ripetibilità. V. L. Russo, Op. cit, pp. 409-510.
[7] L. Russo, Op. cit, pp. 10-39.
[8] A causa dell’interruzione del rapporto maestro-allievo si venne a perdere capacità di leggere le teorie attraverso il metodo, ma soprattutto si perse quella necessaria a svilupparle.
[9] L. Russo, Op. cit, p. 391.
[10] L. Russo, Op. cit, pp. 10-39.
[11] Ibidem.
[12] G. Polizzi, Metodo scientifico, Enciclopedia dei ragazzi, 2006, https://www.treccani.it/enciclopedia/metodi-scientifici_%28Enciclopedia-dei-ragazzi%29/ (consultata 16/07/2021).
[13] Per Russo, almeno in prima istanza, si definiscono come “scientifici” solo alcuni campi del sapere, ossia quelli dove le affermazioni non riguardano oggetti concreti, ma piuttosto astratti e specifici (per esempio nella geometria sono gli angoli e i segmenti, oppure l’entropia nella termodinamica), dove la teoria ha una struttura rigorosamente deduttiva e le applicazioni nel mondo reale sono basate su regole che gestiscono la corrispondenza tra teoria e oggetti reali, di cui il metodo fondamentale per il controllo è quello sperimentale. “È costituita cioè da pochi enunciati fondamentali (detti assiomi, postulati o principi) sui propri enti caratteristici e da tutte le affermazioni che si possono dimostrare come loro conseguenze. La teoria fornisce metodi generali per risolvere, al suo interno, un numero indeterminato di problemi, o meglio esercizi, in quanto vi è un accordo generale tra gli esperti sui metodi che possono essere usati per risolverli e per controllare la correttezza delle soluzioni. La ‘verità’ delle affermazioni scientifiche è quindi in questo senso garantita.”, L. Russo, Op. cit, p. 23.
[14] L. Russo, Op. cit, pp. 409-504.
[15] Ibidem.
[16] Ci si riferisce in questo caso a Ruggero Bacone (1220-1292), si può approfondire il suo contenuto alla voce Ruggero Bacone in Enciclopedia Treccani https://www.treccani.it/enciclopedia/ruggero-bacone/ (consultata il 23/07/2021).
[17] “Risale agli anni intorno al 1230 il taccuino di appunti di Villard de Honnecourt: probabilmente il più famoso documento sulla tecnologia medievale.”, L. Russo, Op. cit, p. 414.
[18] “Il termine ostacoli epistemologici fu coniato dal filosofo francese Gaston Bachelard negli anni Trenta di questo secolo. Fa riferimento a quelle convinzioni (ricavate sia dal sapere comune, sia dal sapere scientifico) che tendono a impedire ogni rottura o discontinuità nella crescita del sapere scientifico e costituiscono, di conseguenza, potentissimi ostacoli alla affermazione di verità nuove.”, P. Rossi, La nascita della scienza moderna in Europa, editori Laterza, 2015, edizione digitale, p. 23.
[19] “L. Febvre e H.J.Martin hanno calcolato che entro il 1500 siano state stampate 35.000 edizioni di 10-15.000 testi differenti e che almeno 20 milioni di copie fossero in circolazione.”, P. Rossi, Op. cit,, p. 65.
[20] Alla voce Concilio di Trento in Enciclopedia Treccani, https://www.treccani.it/enciclopedia/concilio-di-trento/ (consultata il 20/08/2021).
[21] Si sottolinea che il Rinascimento non è propriamente un periodo storico, ma un movimento culturale presente in alcune specifiche aree italiane. V. la voce Rinascimento in Enciclopedia Treccani, https://www.treccani.it/vocabolario/rinascimento/ (consultata l‘08/08/2021).
[22] L. Russo, Op. cit., pp. 409-504.
[23] “Spesso le spiegazioni scritte da Leonardo non sono adeguate ai suoi disegni. Nel Codice Leicester (f. 10r) è raffigurata una macchina basata sulla forza del vapore. Bertrand Gille a questo proposito scrive: ‘Il disegno è assolutamente sorprendente. Si potrebbe giurare, se non vi fossero sulla stessa pagina le spiegazioni, che si tratti effettivamente di una macchina a vapore primitiva. Ma non è nulla di tutto ciò […]. Esistono parecchie figure di questo apparato, curioso soprattutto per la sua rassomiglianza con apparecchiature che verranno elaborate molto tempo più tardi.’” L. Russo, Op. cit., p. 421.
[24] L. Russo, Op. cit., pp. 417-416.
[25] Alla fondamentale tesi sulla centralità e immobilità della terra, confermata dall’ovvia esperienza quotidiana, si aggiungono molte stratificazioni, che complicano nei secoli successivi la macchina celeste aristotelica: nei secoli si erano andate a sommare infatti delle trasposizioni dalle teorie di Eudosso di Cnido nella prima metà del IV secolo a.C., il cui modello, puramente geometrico e astratto, veniva trasposto in enti fisici reali.
[26] P. Rossi, Op. cit., pp. 83-103.
[27] “In Aristotele invece questa legge cede il posto alla spiegazione della caduta dei “gravi” e della salita dei “leggieri”, basata sulla tendenza dei corpi a un luogo naturale, che è loro proprio.”, P. Straneo, voce Gravitazione, Enciclopedia Italiana, 1933, https://www.treccani.it/enciclopedia/gravitazione_res-aaf54359-8baf-11dc-8e9d-0016357eee51_%28Enciclopedia-Italiana%29/ (consultata il 24/07/2021).
[28] L. Russo, Op. cit., pp. 409-504.
[29] P. Rossi, Op. cit., pp. 83-103.
[30] Giovanni Maria Tolosani scrisse il De coelo supremo immobili et terra infima stabili, ceterisque coelis et elementis intermediis mobilibus, il quale è ritenuto essere la prima reazione cattolica di chiusura contro le tesi del De revolutionibus orbium coelestium di Copernico. Per approfondire il personaggio storico, V. Lavenia, Giovanni Maria Tolosani, Dizionario Biografico degli Italiani, Volume 96, 2019, https://www.treccani.it/enciclopedia/giovanni-maria-tolosani_(Dizionario-Biografico) (consultata il 24/07/2021).
[31] “In seguito alla morte sul rogo, sull’opera di Giordano Bruno si è accumulata la densa polvere di una fortuna, e di un mito, che ha stravolto per un lungo periodo tratti essenziali del suo volto e dei suoi scritti. Eppure, a lui si devono alcuni dei principali concetti del pensiero europeo moderno: l’universo infinito e i mondi innumerabili; la distruzione del cosmo aristotelico e tolemaico; la critica radicale dell’età dell’oro; la concezione del lavoro come ‘principio’ delle civiltà; la dissoluzione dei generi letterari tradizionali; un nuovo – e rivoluzionario – modello di scrittura filosofica. Intellettuale europeo, figlio della tradizione ‘civile’ italiana, è stato uno dei costruttori delle ‘libertà dei moderni’. Si può approfondire il suo contributo in M. Ciliberto, Giordano Bruno, Il Contributo italiano alla storia del Pensiero, Filosofia, 2012, https://www.treccani.it/enciclopedia/giordano-bruno_%28Il-Contributo-italiano-alla-storia-del-Pensiero:-Filosofia%29/ (consultata il 25/07/2021).
[32] Ibidem.
[33] P. Rossi, Op. cit., pp. 83-103.
[34] P. Rossi, Op. cit., pp. 94-95.
[35] Ibidem.
[36] P. Rossi, Op. cit., pp. 95-103.
[37] P. Rossi, Op. cit., pp. 83-103.
[38] Ibidem.
[39] Inizialmente lui parlò di anima, riferendosi al sistema aristotelico-platonico, che associava a ogni pianeta un’anima specifica.
[40] P. Rossi, Op. cit., pp. 83-103.
[41] P. Rossi, Op. cit., pp. 104-146.
[42] In realtà la sua fonte era verosimilmente ellenistica, come dimostra Russo in L. Russo, Op. cit., pp. 446-447.
[43] È infatti in grado di usare le tecniche dimostrative euclidee e l’algebra geometrica, ma non recupera né i metodi infinitesimali di Archimede né la teoria delle proporzioni di Euclide (come del resto non riuscirà a fare nessun altro dopo di lui ancora per secoli).
[44] L. Russo, Op. cit., pp. 428-430.
[45] Alla voce William Harvey in Enciclopedia Britannica, https://www.britannica.com/biography/William-Harvey (consultata il 17/08/2021).
[46] Per approfondire, v. la voce Konrad von Gessner in Enciclopedia Treccani, https://www.treccani.it/enciclopedia/konrad-von-gesner/ (consultata il 17/08/2021).
[47] Alla voce Robert Hooke in Encyclopaedia Britannica, https://www.britannica.com/biography/Robert-Hooke (consultata il 17/08/2021).
[48] Alla voce Antonie van Leeuwenhoek in Encyclopaedia Britannica, https://www.britannica.com/biography/Antonie-van-Leeuwenhoek (consultata il 17/08/2021).
[49] “Un importante progresso nel recupero dell’antico atomismo fu compiuto da Robert Boyle nel The Sceptical Chymist, del 1661, dove non solo si afferma l’esistenza degli atomi e il loro moto continuo, ma anche che la principale proprietà del calore sia la produzione del moto atomico, recuperando così l’antica nozione parzialmente sfuggita a Galileo. La teoria atomica uscì dallo stato fossile, divenendo realmente utile alla scienza, nell’Hydrodynamica di Daniel Bernoulli, pubblicata nel 1738. Bernoulli vi espose la prima teoria cinetica dei gas, trovando relazioni quantitative tra grandezze macroscopiche come pressione e temperatura e grandezze microscopiche relative al moto delle particelle costituenti il gas.”, L. Russo, Op. cit., p. 438.
[50] Alla voce Evangelista Torricelli in Enciclopedia Treccani, https://www.treccani.it/enciclopedia/evangelista-torricelli/ (consultata il 17/08/2021).
[51] M. Hunter, Royal Society, Encyclopedia Britannica, https://www.britannica.com/topic/Royal-Society, (consultata il 17/08/2021). Oltre alla società scientifica inglese ne nacquero diverse altre nel resto d’Europa.
[52] R.S. Westfall, Isaac Newton in Encyclopedia Britannica, 2021, https://www.britannica.com/biography/Isaac-Newton . (consultata il 20/08/2021). Al nome di Newton sono legati innumerevoli contributi scientifici (leggi, principi, teoremi, ecc.), prevalentemente in fisica e matematica. Le leggi di Newton per antonomasia sono i tre principi basilari della dinamica e la legge della gravitazione universale, che esprime la forza che una massa esercita su un’altra; nella dinamica dei fluidi, una legge di Newton divide i fluidi in due grandi classi: quelli in cui la sollecitazione è proporzionale alla velocità di deformazione (fluidi newtoniani) e quelli in cui la proporzionalità non sussiste (fluidi non newtoniani).
[53] P. Rossi, Op. cit., pp. 267-299.
[54] L. Russo, Op. cit., pp. 409-504.
[55] Ibidem.
[56] È proprio la diffusione del pensiero tra molti studiosi, la circolazione di testi stampati e il fermento di idee in tutta Europa che fece la differenza, rispetto alla rivoluzione scientifica ellenistica, e che permise alla scienza moderna di nascere e fiorire. V. L. Russo, Op. cit., pp. 409-510.
[57] Per approfondire la figura di K. Popper si può approfondire alla voce Popper, Sir Karl Raimund in Enciclopedia Treccani, https://www.treccani.it/enciclopedia/sir-karl-raimund-popper/#:~:text=Popper%2C%20Sir%20Karl%20Raimund.,conoscenza%20e%20del%20metodo%20scientifico., mentre per comprendere meglio la sua teoria, v. la definizione di falsificabilità alla voce teoria della falsificabilità in Dizionario di filosofia, 2009, https://www.treccani.it/enciclopedia/teoria-della-falsificabilita_%28Dizionario-di-filosofia%29/#:~:text=falsificabilit%C3%A0%2C%20teoria%20della%20Concezione%20in,teoria%20%C3%A8%20Popper%20(%E2%9E%94).
[58] A lui seguirono molti altri grandi scienziati del ‘900: Plank, Bohr, Riemann, Heisenberg, Born e così via.
[59] “Il campo gravitazionale non è diffuso nello spazio: il campo gravitazionale è lo spazio. Questa è l’idea della teoria della relatività generale. Lo ‘spazio’ di Newton, nel quale si muovono le cose, e il ‘campo gravitazionale’, che porta la forza di gravità, sono la stessa cosa. È una folgorazione. Una semplificazione impressionante del mondo: lo spazio non è più qualcosa di diverso dalla materia: è una delle componenti ‘materiali’ del mondo.”, C. Rovelli, Sette brevi lezioni di fisica, Adelphi Edizioni, Milano 2014, p. 17.
[60] Proprio nel 1925 appaiono le equazioni della teoria quantistica, che rimpiazzano l’intera meccanica di Newton, a opera del giovanissimo e geniale Werner Heisenberg.
[61] “Non descrivono cosa succede a un sistema fisico, ma solo come un sistema fisico viene percepito da un altro sistema fisico. Che significa? Significa che la realtà essenziale di un sistema è indescrivibile? Significa solo che manca un pezzo alla storia? O significa, come a me sembra, che dobbiamo accettare l’idea che la realtà sia solo interazione? La nostra conoscenza cresce, e cresce davvero. Ci permette di fare cose nuove che prima non immaginavamo nemmeno. Ma nel crescere ci apre nuove domande. Nuovi misteri.”, C. Rovelli, Op. cit., p. 29.